Arte in conflitto giovani e sovversivi di Federica Chezzi Scontri, condanne, episodi allarmanti continuano a violentare un paese dove l’arte non smette di manifestare le proprie idee: l’Ucraina oscoviade è la cronaca dell’ultimo giorno di vita di Otto von F., talentuoso poeta in cerca di affermazione, residente a Mosca negli ultimi anni di agonia della Perestrojka, in un ostello riservato agli scrittori dell’Unione Sovietica . L’autore è (1960), poeta, romanziere, traduttore nonché saggista ucraino e, se la storia ha chiari riferimenti autobiografici, non può non evocare, anche nella scrittura insieme fantastica, realistica e ironica, Le memorie di un defunto del celeberrimo scrittore ucraino Mikhail Bulgakov. M (1) Jurij Andruchovyč . «Abiti al sesto piano, hai ricoperto i muri con i manifesti di cosacchi e attivisti della Repubblica popolare dell’Ucraina occidentale. Dalle finestre vedi i tetti di Mosca, i cupi viali con i pioppi, ma non vedi la torre televisiva di Ostankino […] ma la sua prossimità si sente in ogni momento. Emana qualcosa di soporifero, qualche virus dell’apatia e della fiacchezza. Per questo al mattino non c’è modo di svegliarsi. […] Fino a quando l’uzbeko della stanza accanto non mette su a tutto volume l’inebriante melodia orientale di Odin palka dva struna. Maledicendo senza rabbia la nostra infelice storia, l’amicizia tra i popoli e gli accordi dell’Unione del ’22, ti rendi conto che non si può più dormire» Note J. Andruchovyč, Moscoviade (1993), trad. it di L. Pompeo e G. Kowalski, Nardò (Lecce) 2003. (1) Diamonds (2012). Alcune opere di Zhanna Kadyrova esposte nella mostra Data Extraction alla Galleria Continua di San Gimignano (Siena) dal 16 marzo al 4 maggio 2013. Filling In (2012); Data Extraction - Autostrada SA-RC (2013); Se l’Unione Sovietica si è poi dissolta, non altrettanto si può dire della censura sul territorio ex sovietico: la mostra (2012), organizzata dal Visual Culture Research Center di Kiev e dalla National University of Kyiv-Mohyla Academy è stata chiusa dal presidente della stessa accademia, dopo la visita inaugurale: troppi nudi e immagini disturbanti, come la videoinstallazione del giovanissimo (Kharkiv, 1985) che alternava, in sequenza continua, le immagini di una vagina e del Parlamento ucraino, chiedendo al pubblico quale fosse più irritante. Secondo Kateryna Botanova, direttrice del CSM/Foundation Centre for Contemporary Art di Kiev, tuttavia, la vicenda ha dimostrato che l’arte contemporanea «non è sempre bella e glamour, ma può essere sovversiva, luogo di incontro e discussione» . E sicuramente sovversivo è il lavoro di uno dei più celebrati fotografi viventi, (Kharkiv, 1938) che, nelle sue raggelanti immagini, documenta la disgregazione sociale seguita allo scioglimento dell’Unione Sovietica. In una delle sue serie più note, (1997-1998), ha mostrato con crudezza tagliente la povertà devastante e l’impotenza quotidiana nella vita dei senzatetto, ritratti nudi come «coloro che erano destinati alle camere a gas». Mikhailov negli ultimi quattro anni ha esposto negli spazi più importanti del mondo, dalla Kunsthalle di Vienna al MoMA di New York, alla Biennale di Venezia. Ancora in questi giorni, apparentemente a un passo dalla guerra civile, l’Ucraina è divisa tra Europa e Russia, in un’altalenante successione di personaggi controversi e vicende inquietanti: l’annullamento nel 2004 delle elezioni (che vedevano vincitore l’attuale presidente Janukovyč), invalidate dalla Corte suprema ucraina per i brogli elettorali denunciati dallo sfidante Juščenko; il misterioso avvelenamento di quest’ultimo; la cosiddetta “rivoluzione arancione”; l’incarcerazione per abuso d’ufficio di Julija Tymošenko, detenzione definita “illegale” dal Tribunale europeo. In un clima così torbido, l’arte si dichiara - fortunatamente - “engagé”. E lo dimostra anche nell’ufficiale occasione della neonata Biennale di Kiev, in questo anno alla sua seconda edizione (da settembre a novembre 2014, a cura degli austriaci Georg Schöllhammer e Hedwig Saxenhuber, esperti di arte dell’area ex sovietica), nello sconfinato spazio Mystetskyi Arsenal, già caserma. Nella prima edizione della Biennale, a cura dell’inglese David Elliott, era esposta una sequenza di stoviglie di raffinata porcellana che illustrava, nelle decorazioni, come torturare i dissidenti politici. Era di (Kiev, 1982) il cui stile volutamente “didattico” delle illustrazioni richiamava i manuali medici dell’era sovietica, dove spesso erano raffigurati pazienti sorridenti, anche se costretti a pratiche evidentemente assai dolorose; il messaggio era chiaro: «Non lamentatevi, è per il vostro bene». Kadan fa parte del gruppo R.E.P. (Revolutionary Experimental Space) nato nel 2004 con azioni artistiche di protesta durante la “rivoluzione arancione” e che, se si avvicina alla posizione “filoeuropeista”, non manca però di denunciare la colonizzazione occidentale. Le opere dei componenti del gruppo sono state esposte anche al museo Pecci di Prato nella gran bella mostra (2007), curata dal russo Viktor Misiano. Del collettivo fa parte anche l’artista (Brovary, 1981), che privilegia l’utilizzo dei materiali grezzi dell’edilizia o fortemente connotati storicamente (come le mattonelle, tipiche decorazioni degli interni sovietici, o il vasellame smaltato). Ospite, lo scorso anno, con la prima personale italiana alla Galleria Continua di San Gimignano (Siena), come sempre punto di riferimento imprescindibile per l’arte internazionale. L’asfalto era il protagonista del progetto Data Extraction in mostra alla galleria toscana: il manto stradale divelto per essere rinnovato in vista dei campionati europei di calcio, l’ennesimo repentino cambiamento, l’ennesimo passato gettato alle spalle. Del quale Kadyrova cerca di serbare una traccia. Ukrainian Body Mykola Ridnyi (2) Boris Mikhailov Case History Procedure Room Nikita Kadan Progressive Nostalgia Zhanna Kadyrova Note M. Bergamini, Il corpo contemporaneo dell'Ucraina, in www.exibart.com, 19 maggio 2012. (2) Arsen Savadov, Donbass-Chocolate (1997). Boris Mikhailov, foto della serie Case History (1997-1998), Londra; Alevtina Kakhidze, Ukrainian Collection (2008). Nikita Kadan, Procedure Room (2009-2010). Nel disfacimento dell’impero i più deboli, da sempre, soccombono. Ispirata al lavoro sociale di Mikhailov è anche la proposta artistica del collettivo , creato da - l’artista censurato per - e da (Evpatoria, 1985). Con il progetto (2007) Ridnyi e Kriventsova si muovono nella campagna ucraina, barattando riproduzioni di quadri e foto di artisti famosi con i prodotti locali, metafora del sistema economico parallelo sviluppatosi con la svalutazione di denaro, dopo la caduta dell’URSS. (Zhdanovka, 1973), artista e critica militante, residente per lunghi periodi all’estero, ha raccolto in una serie di disegni tutti i beni di lusso e i loro prezzi, per lei (e molti altri) inaccessibili, proponendone un’appropriazione attraverso il disegno. Anche (Kiev, 1962) si confronta con il mondo del fashion, inserendo all’interno del vecchio cimitero ortodosso delle discinte modelle, espressione di uno scontro di civiltà, oggi in atto nel paese. (Kolomiya, 1980) è invece uno dei numerosissimi migranti ucraini del mondo, e ha fatto della sua condizione di artista espatriato il punto centrale del suo lavoro: nel suo progetto (2008) dipinti, video, foto e modellini di case abbandonate documentano il cammino di un’intera comunità sradicata, divisa tra Ucraina e Italia. «Così è la vita in questo maledetto buco, in questo ostello letterario creato dal sistema per giustificarlo e soddisfarlo. In questo labirinto di sei piani nel mezzo della spaventosa capitale nel cuore marcescente di un Impero mezzo morto. Perché anche se il poeta russo Ježevikin prova un orgasmo al solo suono della parola “Impero”, comunque il gioco è bello, ma dura poco, e tu, Otto von F., percepisci sulle tue spalle che l’Impero si scuce e si strappano, cascando da tutte le parti, paesi e nazioni. Ognuno di essi assume adesso l’importanza di tutto l’universo, o almeno di un continente». SOSka group Mykola Ridnyi Ukrainian Body Anna Kriventsova Barter Alevtina Kakhidze Arsen Savadov Ivan Bazak Where is my home? Where are you at home? Si ringraziano Verusca Piazzesi e Alice Broi della Galleria Continua, San Gimignano (Siena). Ivan Bazak, modellino di casa abbandonata dal progetto Where is my home? Where are you at home? (2008). collettivo SOSka group, foto dalla serie del progetto Barter (2007).