Camminano gloriosi come i grandi toreri, alcuni avanzano con fatica, logorati dalla professione. Quando passano, gli
altri isolani, istintivamente, riservano loro un impercettibile e reverente rispetto. Hanno l’aura. Sono i grandi maestri vetrai di Murano, ormai pochi,
ma pur sempre al lavoro e ogni giorno intenti a creare nuove sculture. Gli artisti vengono da lontano, da ogni parte del mondo. Arrivano con un’idea,
con dei progetti, con disegni più o meno dettagliati. Il maestro guarda, valuta, riflette e poi comincia a tuffare la canna nel crogiolo dal quale
estrae il vetro fuso che è stato preparato dall’“omo de note” (l’addetto notturno) e che ha il colore adatto all’uopo. A Murano regna una mentalità
isolana, ermetica; i maestri non lavorano dietro a vetrine visibili al pubblico come fanno i loro colleghi americani o certi cuochi d’oggi. Per arrivare
nelle loro fornaci bisogna conoscere, bisogna sapere, bisogna avere un progetto di lavoro. E per entrare telepaticamente nella testa dell’artista venuto
da lontano, allo scopo di capire con precisione cosa vuole rappresentare, è necessaria molta concentrazione.
Il balletto del vetro ha luogo tutti i giorni, in silenzio, per otto, nove ore. Maestro, aiuto maestro, servente, serventino e garzonetto si incrociano dalle sei di mattina a mezzogiorno e dall’una alle quattro del pomeriggio. Gli unici suoni sono i comandi secchi del maestro, a volte imprecazioni in dialetto muranese, che incitano i serventi a stare in campana, in sincronia, a tempo. Ogni tanto si ode il clangore del metallo su metallo. Il fuoco soffia costante in sottofondo come l’onda dell’oceano. L’atmosfera è medievale, dura, seria e militaresca. Il giovane che vuole imparare deve “rubar co ocio” (rubare con l’occhio). Non riceverà spiegazioni di sorta. Questa tecnica di sala, che si è affinata negli ultimi settecento anni, è immutabile, diversa da quelle del resto del mondo quanto lo sono i marines dagli altri reggimenti.
I turisti che passano a migliaia dall’isola non vedono quasi mai questi virtuosi. Sono condotti altrove e hanno di Murano un’altra immagine, più
semplice, meno preziosa, meno nascosta.
Molta gente è furibonda contro l’atteggiamento miope che ha consentito al vetro cinese di essere protagonista nei negozietti dell’isola, abbassando la qualità del prodotto e l’immagine di Murano. Non è il discorso snobistico di chi non sa che i piccoli negozi sono il tessuto connettivo del posto, bensì la reazione di chi ama Murano e si è accorto della gestione improvvida delle faccende vetrarie. Per esempio il Consorzio Promovetro di Murano, presieduto da Luciano Gambaro, non è stato a guardare e ha costituito un marchio di garanzia e tutela di cui si possono fregiare soltanto le ditte più prestigiose che producono nell’isola. Va detto, però, che se nel IV secolo l’imperatore Costantino abolì le tasse ai maestri incisori che avevano il figlio in bottega, oggi, diciassette secoli dopo, le cose, da questo punto di vista, sono peggiorate.