Studi e riscoperte. 2
Stranieri a Firenze tra Otto e Novecento

la patria
dell’anima

Polo di attrazione per pittori, scultori, letterati, collezionisti provenienti dai paesi anglosassoni ma anche da quelli di lingua tedesca, dalla Russia, dalla Francia, il capoluogo toscano diventa, soprattutto dalla seconda metà dell’Ottocento, luogo di studio, lavoro, piacere vissuto così intensamente da indurre, in alcuni casi, a un soggiorno definitivo.

Ludovica Sebregondi

"grand tourists", artisti, collezionisti e commercianti d’arte: Firenze è stata meta ambita per coloro che cercavano quel particolare mix fatto di retaggi del passato (soprattutto l’inesauribile mito del Rinascimento), clima migliore di quello lasciato in patria, buon vivere, antiche dimore da affittare a prezzi convenienti, una campagna di bellezza struggente. Generalmente provenivano dal Nord, dai paesi anglosassoni, da quelli di lingua tedesca, dalla Russia, dalla Francia, e talora si trattò di una scelta che li portò a trasferirsi in Toscana, e non solo per brevi periodi.

Già da prima del XVIII secolo Firenze ha rappresentato un polo di attrazione, ma è stato dalla seconda metà dell’Ottocento che si sono intensificati i soggiorni di studio, diletto e lavoro, soprattutto da parte degli anglosassoni – anglofiorentini o anglobeceri – tanto che, in città, tutti gli stranieri erano considerati inglesi. «Sono arrivati gli inglesi, ma non so se siano russi o tedeschi», disse il facchino di un albergo. Gli stranieri, e i fiorentini, trovavano un centro di aggregazione nel Gabinetto di lettura fondato nel 1820 a palazzo Buondelmonti, in piazza Santa Trinita, dal mercante ginevrino Giovan Pietro Vieusseux. Abbonandosi, si poteva disporre di giornali divisi in tre sale per aree linguistiche: italiani, francesi e russi, inglesi e tedeschi, e anche di una Circulating library, destinata al prestito a domicilio. Altri luoghi di incontro erano le chiese dei differenti culti acattolici: la sinagoga portata a compimento fra il 1874 e il 1882; la chiesa russa ortodossa costruita fra il 1898 e il 1902; quella anglicana di St. Mark in via Maggio, ultimata nel 1906, in cui il gusto neorinascimentale è unito a quello decorativo vittoriano e alla pittura preraffaellita inglese, e la chiesa episcopale americana di St. James, i cui costosissimi lavori, completati nel 1911, furono finanziati dal banchiere John Pierpont Morgan.