Blow Up 


KLEIN E DE MARTIIS

di GIOVANNA FERRI

Roma, anni Cinquanta. Una città vivace, caotica, antica, festosa, accogliente, desiderosa di rinascere se pur ancora segnata, come il resto del nostro paese, dopo l’immane tragedia del secondo conflitto mondiale, da distruzione, povertà, fame e miseria. Un periodo durante il quale forte è l’istanza di rinnovamento e di un ritorno alla “normalità” ed esplicito il fermento artistico e culturale volto a contrastare gli orrori recenti della guerra per cercare di sanarne le gravi ferite. È in questo clima che si fa strada il neorealismo nel cinema, nella letteratura, nelle arti figurative e nella fotografia. Una delle correnti più incisive, se non la più incisiva dell’epoca, che sposta l’attenzione sulla vita, così com’è, sulla quotidianità delle periferie e delle province, con un linguaggio diretto, estraneo a una politica di propaganda tipica del Ventennio fascista.

È il momento della ricostruzione, delle grandi speranze e la voglia di ricominciare offre nuova linfa alla creatività su tutti i fronti. La capitale è un richiamo per artisti, registi, attori, scrittori provenienti da ogni parte del mondo, è un teatro a cielo aperto, un territorio da scoprire o da riscoprire, un frammento di bellezza ideale o cruda e reale. E allora cosa accade se di fronte alla complessità dell’Urbe degli anni Cinquanta vengono messi a contatto gli sguardi di due osservatori come William Klein e Plinio De Martiis? Ce lo racconta la mostra, a cura di Daniela Lancioni e Alessandra Mauro, con una galleria visiva di oltre sessanta immagini in bianco e nero (William Klein Roma Plinio De Martiis, Roma, Mattatoio, fino al 26 febbraio, www.mattatoioroma.it).