L'anno scorso, dall’editore americano The Ice Plant, è stato pubblicato il libro Sagacity di Fulvio Ventura, a cura
di Giulia Zorzi. Un’opera che arriva dal passato, un progetto che ha visto i lumi dell’allora nascente fotografia italiana del paesaggio, un autore che
– oltre ad aver partecipato alla rivoluzionaria mostra Viaggio in Italia a cura di Luigi Ghirri, Gianni Leone ed Enzo Velati – si era già fatto strada
con una propria ricerca sulla natura del metafisico. Classificato come «il fotografo dei giardini», Fulvio Ventura ha saputo cogliere l’identità
naturale del reale, la sua spiritualità e, in alcuni casi, anche la sua giocosità. Il suo libro risulta come la fitta trama di un film giallo, pieno di
indizi e di domande sul mondo, sulla vita, e sull’essere umano. Abbiamo intervistato Giulia Zorzi per conoscere meglio Fulvio Ventura e il suo lavoro,
bistrattato dal tempo e ora fortunatamente riscoperto.
Chi era Fulvio Ventura e come si avvicinò alla fotografia?
Fulvio Ventura era un fotografo torinese, nato nel 1941, molto appassionato, già da giovanissimo, di musica jazz e in un secondo momento di
fotografia. Un libro di Edward Weston gli fece scattare la scintilla per questo linguaggio; l’inizio del suo personale percorso fotografico, invece,
avvenne conoscendo Ugo Mulas a Milano, del quale divenne assistente.