L’OGGETTO MISTERIOSO

MELANCONIA INVERNALE
DI MARUSSIG,
FRA CARPACCIO E GIORGIONE


LE DUE DONNE DI CARPACCIO IN MOSTRA A WASHINGTON FANNO RIFLETTERE SUL TEMA MELANCONICO MA ANCHE SUI CONFRONTI SPESSO PROPOSTI DAGLI STUDIOSI DEL NOVECENTO ITALIANO CON DONNE AL CAFFÈ, DIPINTO NEL 1924 DA PIERO MARUSSIG. LA FONTE PIÙ PROBABILE SEMBRA PERÒ I DUE AMICI DI GIORGIONE.

Gloria Fossi

Annoiate, melanconiche, due donne siedono su una terrazza affacciata sulla laguna. La più anziana – sorella? madre? – gioca distratta coi cani. L’altra guarda mestamente lontano. Grava il senso di una solitudine, di un’assenza, che nel capolavoro di Carpaccio del veneziano museo Correr in origine si completava in alto con la scena di caccia in laguna, ora al J. Paul Getty Museum di Los Angeles(1). Come dire: agli uomini – fratelli? fidanzati? mariti? – che vanno a caccia si riservano piaceri inaccessibili alle compagne. Se è giusta la datazione che Peter Humfrey assegna ora all’opera, fra 1492 e 1494, viene da ripensare alla vecchia idea che Carpaccio, o chi gli commissionò il dipinto, si sia riferito, perlomeno in parte, al proemio del Decamerone, molto amato nel Rinascimento. La prima edizione illustrata risale al 20 giugno 1492, per i tipi veneziani di Giovanni e Gregorio de Gregori, ciò che appunto collima con la datazione proposta per il dipinto. Boccaccio parla di una «gravezza di pensieri» che gli «innamorati uomini» possono alleggerire con caccia, pesca, cavalcate e così «rimuovere […] il noioso pensiero» della malinconia che in tali modi «consola o diventa la noia minore». Altri sono i “remedia amoris”, come li chiamava Ovidio, per le donne che «dentro a’ dilicati petti, temendo e vergognando, tengono l’amorose fiamme nascose», «ristrette da’ voleri, da’ piaceri, da’ comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti, il più del tempo nel piccolo circuito delle loro camere racchiuse dimorano e quasi oziose sedendosi […] seco rivolgendo diversi pensieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri». Così, se agli uni la malinconia non viene più in mente, nelle altre dimora «con grave noia». Le cento novelle del Decamerone nascono così, per alleviare la mestizia di sagge donne che in attesa dei loro uomini non si contentano «dell’ago, del fuso, dell’arcolaio ».