Una delle opere più interessanti di Raffaello è Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere, papa dal 1503 al 1513. Realizzato a olio su tavola (108 x 80 cm) intorno al 1511-1513, rappresenta un pontefice pensoso, dal volto umano, solcato da rughe, «tanto vivo e verace, che faceva temere […] a vederlo, come se proprio egli fosse vivo», scrive Vasari. Secondo varie testimonianze cinquecentesche, come quella di Marin Sanudo del 1513 o di Vasari, il ritratto veniva esposto in occasioni solenni nella chiesa romana di Santa Maria del Popolo. Passato nel 1591 al cardinale Sfondrati, venduto a Scipione Borghese nel 1608, era stato acquistato dall’imperatore Rodolfo II, e poi disperso. Ritrovato nel 1976 da uno studioso, era stato identificato con certezza col dipinto acquistato nel 1824 dalla National Gallery di Londra, dove oggi ancora si trova. Il museo londinese lo ha eccezionalmente prestato a Bologna per una mostra in cambio dell’Estasi di santa Cecilia dello stesso Raffaello, esposto in una recente rassegna a Londra.
Lo straordinario ritratto è infatti il fiore all’occhiello della mostra Giulio II e Raffaello. Una nuova stagione del Rinascimento a Bologna (Bologna, Pinacoteca nazionale, fino al 5 febbraio). Un’occasione per riallestire l’intera sezione dedicata al Rinascimento con un nuovo itinerario di visita, che amplia e irrobustisce il periodo dalla signoria dei Bentivoglio sino all’incoronazione di Carlo V nel 1530 da parte di papa Clemente VII.
Giulio II, novello “Giulio Cesare”, tra le varie imprese militari, nel 1506 aveva ripreso Bologna ai Bentivoglio riportandola allo Stato pontificio. A
quel punto la vita nella città subisce una rivoluzione profonda, che si riflette nella cultura.