STUDI E RISCOPERTE 1 
ANDY WARHOL, LE BRILLO BOX & C.

LA MIMESI
DEL CONSUMO

LE SCATOLE DI LEGNO REALIZZATE DA WARHOL PER REPLICARE GLI IMBALLI DI PRODOTTI COMMERCIALI RAPPRESENTANO UNA NUOVA FORMA D’ARTE? NON PROPRIO. SONO COSÌ SIMILI AI MODELLI IN CARTONE DA TRARCI IN INGANNO, COME SUCCEDE GUARDANDO LE OPERE IPERREALISTE. MA L’OGGETTO CONSIDERATO DALL’ARTISTA AMERICANO SUGGERISCE ELEMENTI DI NOVITÀ.

Rodolfo Papa

Nell’aprile del 1964, Andy Warhol presentò alla Stable Gallery di New York un’esposizione, allora nuova e originale, di quattrocento scatole di legno che replicavano gli imballi di prodotti commerciali di varie marche quali Heinz, Mott’s, Kellogg’s, Del Monte e ovviamente Brillo. I prodotti Brillo avevano imballi recentemente rinnovati a opera del pittore James Harvey, che in quegli anni lavorava nel mondo del design industriale e commerciale. L’esposizione suscitò perlopiù recensioni negative. Fu visitata anche da Arthur Coleman Danto, che ne fu invece positivamente colpito e che diverrà poi il massimo teorico di Andy Warhol, dedicherà decine di saggi alla Brillo Box e costruirà la propria teoria artistica a partire da questo.

Egli stesso scrive: «Mi colpì una mostra del 1964, della quale ho già scritto in maniera estesa (forse ossessiva), nella quale Andy Warhol espose un gran numero di scatole di legno dipinte per somigliare ai cartoni nei quali le Brillo erano imballate e trasportate dal luogo di produzione ai negozi. Mi assillava la possibilità che le scatole di Warhol fossero opere d’arte, mentre quelle della vita di ogni giorno erano soltanto pratici contenitori senza pretese artistiche»(1).



Andy Warhol, Brillo Box (1964), Wellesley (Stati Uniti), Davis Museum.