Grandi mostre. 4
ARTE LIBERATA 1937-1947 A ROMA

UN PATRIMONIO
COSTRETTO ALLA MACCHIA

METTERE IN SALVO TUTTO, A OGNI COSTO. CON QUESTO SPIRITO, UNA FOLTA SCHIERA DI STORICI DELL’ARTE E FUNZIONARI TRA IL 1937 E IL 1947 HA MESSO A REPENTAGLIO LA PROPRIA VITA PUR DI PROTEGGERE MIGLIAIA DI CAPOLAVORI DA BOMBE E SACCHEGGI. UNA MOSTRA ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE NE RACCONTA LA STORIA.

Lauretta Colonnelli

Dopo aver visitato la mostra alle Scuderie del Quirinale guarderemo con altri occhi i capolavori conservati nei musei italiani. I quadri, le sculture, gli arazzi sembrano essere lì da sempre, protetti dai sistemi di allarme, al sicuro dagli sbalzi di temperatura e da illuminazioni non adeguate, da polveri e spostamenti traumatici.

Sapremo che non è così. Che ci sono stati dieci anni, dal 1937 al 1947, in cui abbiamo rischiato di perdere tutto.

Che in quei dieci anni i capolavori sono stati costretti «alla macchia», come diceva Palma Bucarelli. Hanno viaggiato su e giù per l’Italia, da un ricovero all’altro, affastellati su mezzi di fortuna, di notte e sotto piogge torrenziali, attraverso bombardamenti e posti di blocco. Sono stati segregati nell’intercapedine di un muro, avvolti in materassi di alghe nelle cantine, murati in sotterranei di fortezze che si credevano inespugnabili. Sapremo che si sono salvati grazie a un manipolo di storici dell’arte e di funzionari che hanno rischiato la vita per proteggerli dalle bombe e dalle razzie; e alla fine della guerra si sono spesi ancora per decenni a recuperare le opere disperse. Donne e uomini coraggiosi e appassionati, dei quali hanno parlato per un po’ i giornali alla fine del conflitto, e che oggi sono rimasti soltanto nella memoria degli addetti ai lavori.

Questa mostra ha il merito di farli conoscere finalmente al grande pubblico. Esponendo un centinaio di opere scelte tra quelle salvate e recuperate. Ma soprattutto raccontando le storie che quegli eroi silenziosi lasciarono nei diari.

Scrittura per elaborare il lutto, «terapia per esorcizzare i pensieri negativi», la definisce Raffaella Morselli, che insieme a Luigi Gallo ha curato la mostra. Storie che ritroviamo nel ricco catalogo e nei pannelli espositivi delle sale.

I quadri spiccano, colorati come pietre preziose, sulle pareti ricoperte da ingrandimenti giganteschi delle foto scattate all’epoca, soprattutto immagini di casse trasportate su camion troppo piccoli, trascinate giù dalle scale dei musei da persone che sembrano formiche, fatte scivolare per i canali di Venezia su chiatte legate una all’altra per contenere lunghissime pale d’altare. E intorno, vecchi filmati, e la voce di Mussolini che ripete ossessivamente la dichiarazione di guerra.

Il percorso si apre con la copia romana del Discobolo di Mirone, detto anche Discobolo Lancellotti, richiesto da Hitler nel 1937 e inviato a Monaco l’anno successivo, con il permesso di Mussolini e Ciano, nonostante il parere contrario di Giuseppe Bottai, ministro dell’Educazione nazionale. Com’era potuto succedere?


HITLER SOGNAVA PER IL NUOVO REICH UN IMMENSO MUSEO A LINZ, DOVE RACCOGLIERE TUTTE LE OPERE CHE ESALTAVANO LA RAZZA ARIANA


Francesco Hayez, Ritratto di Alessandro Manzoni (1841), Milano, Pinacoteca di Brera.


Discobolo Lancellotti (II secolo d.C.), Roma, Museo nazionale romano, palazzo Massimo.