L’oro bianco di Sesto Fiorentino. Opere del Settecento dal Museo Ginori, una mostra allestita nelle sale della biblioteca Ernesto Ragionieri di Sesto Fiorentino (Firenze), raduna una parte della raccolta del museo toscano dedicato alla manifattura di porcellane di Doccia (località oggi inclusa nel comune di Sesto Fiorentino).
In attesa della riapertura della sede dell’istituzione dedicata alla manifattura, una selezione di quarantacinque lavori della sua collezione permanente torna temporaneamente visibile all’interno della villa Buondelmonti, attuale sede della biblioteca ed edificio che, fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, ospitava la manifattura Ginori e il suo museo. L’esposizione – curata da Andrea di Lorenzo, Oliva Rucellai, Rita Balleri e organizzata dalla Fondazione museo archivio Richard Ginori in collaborazione e con il sostegno del Comune di Sesto Fiorentino – è un piccolo ma prezioso viaggio per conoscere capolavori di quella che una volta veniva definita arte minore e per scoprire le origini di una delle più antiche fabbriche di porcellana europea.
Tra le opere che accompagnano il percorso dell’esposizione spicca il busto in porcellana – restaurato recentemente dall’Opificio delle pietre dure di Firenze e attribuito allo scultore fiorentino Gasparro Bruschi – del marchese Carlo Ginori, politico, imprenditore e fondatore della produzione di Doccia nel 1737. Fu lo stesso Carlo Ginori a promuovere la nascita del museo nel 1754, insieme alla manifattura, all’interno degli edifici destinati alla produzione in una galleria appositamente affrescata. Per oltre duecentocinquanta anni fu un vero e proprio museo d’impresa, pensato come contenitore della bellezza che la fabbrica era in grado di creare, dove ogni opera, realizzata prima ed esposta poi, era il risultato della contaminazione tra la tradizione dell’arte fiorentina e i progressi delle arti decorative europee.
Il Museo Ginori possiede attualmente una collezione che comprende quasi diecimila oggetti in porcellana e maiolica databili dal 1737 al 1990 insieme a modelli scultorei in cera, terracotta o gesso, documenti cartacei, disegni, una biblioteca storica e una ricca fototeca. Nel 2017 lo Stato italiano ha acquistato le vastissime collezioni artistiche e archivistiche, già di proprietà dell’ex azienda Richard- Ginori, e il museo, che dal 1965 ha una nuova sede in un edificio progettato dal fiorentino Pier Niccolò Berardi ed esempio di razionalismo architettonico toscano. Il museo è entrato così a far parte del sistema nazionale gestito dal Ministero della cultura e in particolare dalla Direzione regionale musei della Toscana, che ha intrapreso complessi e lunghi lavori di recupero e di ristrutturazione dell’immobile, ormai storico, e il rinnovamento dell’allestimento.
La presidenza di questa neonata fondazione è stata affidata a Tomaso Montanari, storico dell’arte e rettore dell’Università per stranieri di Siena. E nell’attesa che i lavori al museo si completino, la mostra permette di conoscere, se non completamente, almeno una parte di questa importante collezione.
La presenza, lungo il percorso espositivo, di vasi di grandi dimensioni, nei quali è possibile rintracciare paesaggi espressivi dai forti chiaroscuri e dall’aspetto selvaggio, è esempio della grande qualità esecutiva di Johann Karl Wendelin Anreiter. Fu lui, il pittore austriaco – sottratto da Carlo Ginori alla manifattura viennese Du Paquier, una delle più importanti realtà europee del primo Settecento –, a dare un notevole slancio all’arte della pittura su porcellana a Doccia. Anreiter rimarrà al servizio della fabbrica Ginori dal 1737 al 1746 per contribuire alla nascita della nuova impresa manifatturiera, sia seguendo l’aspetto creativo sia istruendo i lavoranti sulle tecniche allora più innovative. Il rapporto tra Carlo Ginori e Anreiter fu così proficuo e di fiducia che l’artista rifiutò l’invito di Carlo III a Napoli a lavorare nella storica manifattura di Capodimonte.

Placca con Ritratti di Maria Teresa d’Austria e Francesco Stefano di Lorena (1750 circa).

