Grandi mostre. 6
LOTTO, ROMANINO, MORETTO, CERUTI A BRESCIA

IL DERBY
DELLA CAPITALE

NELL’ANNO IN CUI BER GAMO E BRESCIA SONO S TATE NOMINATE, INSIEME, CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA, TRA I NU MEROSI EVENTI C’È UNA MOSTRA CHE VEDE FR ONTEGGIARSI DUE SQU ADRE DI PIT TORI CRUCIALI PER L A STORIA ARTISTICA DI ENTRAMBE LE CIT TÀ. UNA SORTA DI COMPE TIZIONE? FORSE. MA SOLO PER ME TTERE IN E VIDENZA STILI, SCELTE, RELAZIONI E SOPRATTUTTO RECIPROCHE INFLUENZE E AFFINITÀ.

Marta Santacatterina

Cugine e rivali, Bergamo e Brescia hanno condiviso con esiti tra i più infausti la tragedia della pandemia da Covid-19. Per dare a quei territori martoriati un segno di speranza e di rinascita, il governo ha nominato entrambe le città Capitale italiana della cultura 2023: un termine al singolare che le unisce in un palinsesto ricco di eventi e di mostre, tra cui quella in corso a palazzo Martinengo di Brescia. Il focus è su quattro eccellenti pittori – Lotto, Romanino, Moretto, Ceruti – che dal primo Rinascimento al pieno Settecento hanno contribuito a scrivere le vicende artistiche delle due città, lasciandovi tracce indelebili. Non sono tuttavia solo gli alfieri evocati nel titolo dell’esposizione a giocare il “derby” lombardo: sono molti infatti i “campioni” che si fronteggiano in un’ideale gara che ha l’obiettivo di svelare le differenze stilistiche tra gli esponenti della pittura locale, nonché le reciproche relazioni e le predilezioni dei loro committenti.

Ma come declinare la presenza di tutte queste personalità in un unico progetto? Il curatore Davide Dotti ha deciso di suddividere il percorso in cinque aree tematiche – il Rinascimento, il ritratto, il Barocco, gli “still life”, la pittura di genere – cui si aggiunge un’appendice che spinge l’indagine sulle due città fino al Novecento.

Cruciali, per tutto il Cinquecento, furono i rapporti di Bergamo e Brescia con Venezia, alla quale le due città si sottomisero fin dal 1428. La mostra si apre con l’Adorazione del Bambino di Vincenzo Foppa, bresciano d’origine e milanese d’adozione, e a breve distanza segue una straordinaria Madonna col Bambino e i santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria dipinta da Lorenzo Lotto nel 1522, proprio nel periodo in cui l’artista era a Bergamo. In città le sue novità erano già approdate attorno al 1512 e costituirono la scintilla per un’autentica svolta: al veneziano guardò Andrea Previtali, tornato a Bergamo dopo un soggiorno nella Serenissima, e stretti legami fondati su reciproca stima e comune sensibilità religiosa si stabilirono tra Lotto e Alessandro Bonvicino detto Moretto. La circolazione di opere e artisti e le contaminazioni tra i due centri lombardi furono ricche di risvolti e assonanze, come dichiara Dotti: «Il bergamasco Moroni venne a Brescia e si formò nella bottega del Moretto: in mostra ho voluto esporre il San Girolamo dell’Accademia Carrara che si ispira a un’idea di Moretto di circa dieci anni prima; Moroni ne riprende la composizione facendo un esplicito omaggio al suo maestro». Non mancano i capolavori dei bresciani Savoldo e Romanino – quest’ultimo ebbe contatti con Giorgione e Tiziano a Venezia – e di Palma il Vecchio, bergamasco di nascita e veneziano d’adozione.

Il secondo terreno su cui si svolge la competizione tra Bergamo e Brescia è la ritrattistica, alimentata da una tensione al realismo tipicamente lombarda. A palazzo Martinengo le figure di Moretto dialogano con quelle dell’allievo Moroni, “inventore” del ritratto a figura intera. Sulla scia di quest’ultimo a Bergamo si formò una schiera di artisti che tramandarono la sua lezione fino al secolo successivo. Con un balzo di un secolo, è sempre il curatore che parla, «nel Settecento Fra Galgario portò la ritrattistica a livello eccelso e durante la sua formazione veneziana apprese l’uso delle lacche rosse e blu per cui è celebre, immortalando poi i nobili con i loro parrucconi pieni di pulci e inscenando allo stesso tempo un’acuta critica sociale dell’Ancien Régime». Sul versante bresciano, Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto eseguì memorabili ritratti sia di personaggi aristocratici sia dei più poveri. «A differenza di Fra Galgario, Ceruti non edulcora nulla, com’è evidente nel ritratto impietoso di un gentiluomo strabico o in quello di un nobilastro grasso, con doppio mento e sguardo un po’ inebetito. Mettendo in risalto i difetti, il pittore sembra quasi divertirsi». Al contrario, ai “pitocchi” vestiti di stracci l’artista conferisce uno sguardo fiero e pieno di dignità.


Lorenzo Lotto, Madonna con il Bambino e i santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria (1522).


LA RITRATTISTICA, CAMPO DI G ARA TRA BERGAMO E BRESCIA, È ALIMENTATA DA UNA TENSIONE AL REALISMO TIPICAMENTE LOMBARDA