Secondo il suo giovane ammiratore John Ruskin, Turner proferì queste parole – «Il sole è Dio» – durante le ultime settimane di vita, nel 1851, quando la sua salute era ormai compromessa(1). In alcuni resoconti successivi è indicata addirittura come l’ultima frase detta dall’artista il mattino del 19 dicembre, giorno della sua morte, che il suo medico descrisse come «una giornata molto fosca e uggiosa, ma poco prima delle nove il sole fece capolino, splendendo direttamente su di lui con quella brillantezza sulla quale amava posare lo sguardo»(2).
La luce è vita nei dipinti di Turner, declinata attraverso colore e atmosfera, le qualità celebrate in questa mostra, Turner. The Sun is God alla Fondation Pierre Gianadda. Più che una retrospettiva cronologica, ambisce a offrire un’esperienza immersiva. I dipinti sono circondati da schizzi, studi e lavori incompiuti nei quali le sue idee e osservazioni emergono in modo più o meno nitido.
Figlio di un barbiere londinese, Turner raggiunse la fama ancora giovanissimo, con l’ausilio del suo talento e di un’intelligenza acuta. Entrò nelle Royal Academy Schools nel 1789, a quattordici anni, e nel 1802, a ventisette anni, fu nominato membro della Royal Academy alla più giovane età consentita. Si fece un nome realizzando piccoli acquerelli paesaggistici e topografici per collezionisti e incisori, contribuendo poi a diffondere la moda dei grandi acquerelli da esposizione, in concorrenza con i dipinti a olio, e in seguito passò egli stesso alla pittura a olio.
Nei quarant’anni successivi, nessun artista britannico tenne testa alla sua vasta produzione: scenari ideali e vita quotidiana; soggetti storici, moderni, urbani e industriali; la topografia britannica ed europea; la guerra; illustrazioni per la letteratura; arte raffinata e popolare; omaggi a Rembrandt, Claude Lorrain, Poussin, Tiziano, Raffaello e Canaletto (gli ultimi due maestri compaiono nei rispettivi omaggi); inoltre, scelta singolare per un pittore serio, incluse nelle sue opere anche la tecnologia dell’età del vapore. Fu inevitabilmente lui a sancire la transizione dalla vela al vapore in ambito marittimo, ed espose per la prima volta un treno sulle pareti della Royal Academy.
Turner studiò l’ottica, la teoria dei colori e i relativi processi, e adottò con entusiasmo nuovi pigmenti più sgargianti.
Eppure non guardava al colore come a un elemento puramente realistico, ma come a uno stato mentale con un proprio linguaggio espressivo. I suoi studi sull’oscurità e come dipingerla si aprivano all’uso del nero puro (ritenuto volgare da buona parte dei colleghi), con il rimpianto per non averne trovato uno ancora più nero. Affascinato da contrasti e paradossi, faceva un uso prodigo del bianco e andava in cerca dei gialli più brillanti.
Approfondì la teoria dello spettro di Goethe e i valori visivi ed emotivi degli elementi collocati agli antipodi – caldo e freddo, scuro e chiaro(3) – tentando di stabilire se il colore fosse il prodotto della loro interazione o soltanto della luce.
Sempre incline ad associare il colore al tempo, un tempo presente o dotato di profondità storica, aveva già rappresentato il dualismo della luce nel buio raffigurando l’alba e il tramonto sul Lake District inglese in Mattina tra le Coniston Fells e Lago Buttermere, esposti entrambi nel 1798. Queste prime opere fortemente suggestive, in cui tutta la natura si muove e cambia, dimostrano la sua comprensione della luce come colore e sorgente dell’arte. La luce condiziona ciò che vediamo e come lo vediamo: la sua assenza occulta, la sua presenza abbaglia, acceca, mette in rilievo le cose oppure le offusca in un senso di dissoluzione e trascendenza.
L’illuminazione diffusa in dipinti come Sole nascente attraverso la foschia non era un semplice sviluppo tecnico ma si rifaceva a due maestri della luce del passato, Claude Lorrain e Aelbert Cuyp. Ma negli anni Quaranta dell’Ottocento, Ruskin riteneva che Turner avesse messo in ombra i due predecessori, i quali avevano dipinto la «luce solare.
Turner era il solo ad avere dipinto il colore del sole»(4).
Nel corso della guerra con la Francia rivoluzionaria e napoleonica (1793-1815), Turner fu perlopiù confinato in Gran Bretagna. Nel 1802, durante una tregua nelle ostilità in seguito alla pace di Amiens, attraversò la Manica per raggiungere Francia e Svizzera, e trascorse diverse settimane a Parigi, visitando il Louvre e le collezioni storiche inaugurate dopo la Rivoluzione. La sua reazione allo scenario alpino a tratti cupo si può evincere dagli studi spettacolari del passo del San Gottardo, il punto più vicino all’Italia che raggiunse, o di Les Contamines all’alba, ricordo della volta in cui si era alzato presto per una lunga escursione in montagna.
IL COLORE DEL SOLE»
JOHN RUSKIN



