Grandi mostre. 6
PERUGINO A PERUGIA

I MIGLIORI ANNI

NEL QUINTO CENTENARIO DELLA MORTE, LA GALLERIA NAZIONALE DELL’UMBRIA DEDICA A PERUGINO UN’ESPOSIZIONE SUL SUO PERIODO PIÙ FULGIDO, FINO AI PRIMI ANNI DEL CINQUE CENTO, QUANDO L’ARTISTA, GRAZIE A UNA SERIE DI CAPOLAVORI ASSOLUTI, OTTENNE IN TUTT A ITALIA UN RICONOSCIMENTO UNANIME E UFFICIALE.

Marta Santacatterina

«Divin pittore», «Il meglio maestro d’Italia»: è così che i contemporanei definivano Pietro di Cristoforo Vannucci da Città della Pieve, alias Perugino. Grazie alla sua arte fortemente innovativa, orientata a un equilibrato classicismo e tesa alla perfezione, il pittore raggiunse un’altissima fama che toccò l’apice nei primissimi anni del Cinquecento, quando le sue opere erano richieste e diffuse in tutta Italia, tanto da farlo diventare punto di riferimento per l’intera penisola: il primo dopo Giotto, come si spinse a dire Antonio Paolucci. Tuttavia, la reputazione di Perugino non seguì una linea retta e anzi il suo nome è stato spesso associato a quello di altri artisti, evidenziandone un ruolo diverso rispetto al suo essere pittore eccellente: lo si definisce infatti allievo di Verrocchio, maestro di Raffaello, compagno di studi di Leonardo da Vinci.

Tutte espressioni corrette, naturalmente, ma che risentono del graduale dissolvimento di un primato che, alla fine del primo decennio del Cinquecento, costrinse l’artista a chiudere la sua bottega fiorentina e a “ritirarsi” a Perugia. Da quel momento lavorò soprattutto per committenti umbri e dipinse numerose opere – anche grazie a un piccolo “esercito” di allievi – reiterando formule sempre più stanche e ormai superate. Un ripiegamento dovuto non solo all’età avanzata e all’eccessiva mole di impegni, ma anche a una “concorrenza” irraggiungibile per un pittore nato attorno al 1450: era giunta l’epoca d’oro di Raffaello, Michelangelo, Leonardo.

A restituire uno sguardo a trecentosessanta gradi sulla carriera di Perugino interviene ora una mostra che, nel capoluogo umbro, concentra l’attenzione sul periodo antecedente il 1504: un anno legato alla realizzazione di tre opere capitali commissionate da personaggi assai illustri, come spiega Veruska Picchiarelli, curatrice della mostra assieme al direttore della GNU - Galleria nazionale dell’Umbria, Marco Pierini.

Entro quella data la potente famiglia Chigi richiese infatti a Vannucci la Crocifissione per la chiesa di Sant’Agostino a Siena; Isabella d’Este ardentemente volle per il suo studiolo mantovano la Lotta fra Amore e Castità, che nel 1504 era ancora in via di esecuzione; infine, l’artista terminò lo Sposalizio della Vergine commissionato dal Comune di Perugia per la cappella del Santo Anello del duomo cittadino. Tutte opere in cui spiccano le caratteristiche del suo stile.


UN’ARTE ORIENTATA A UN E QUILIBRATO CLASSICISMO E TESA ALLA PERFEZIONE


Pietro Vannucci detto il Perugino, come tutte le opere riprodotte in questo articolo dove non diversamente indicato, Ritratto di Lorenzo di Credi (1488), Washington, National Gallery of Art.