Grandi mostre. 7
REPERTI DELL’ANTICO EGITTO
A VICENZA

DEIR EL-MEDINA

CHI FU L’ARTEFICE DELLE SPLENDIDE TOMBE DEI FARAONI? UNA COMUNITÀ DI ARTIGIANI E OPERAI VISSUTI NEL VILLAGGIO DI DEIR EL-MEDINA, FONDATO INTORNO AL 1500 A.C. DAVANTI ALL’ANTICA TEBE. UN GRUPPO INDUSTRIOSO, LA CUI STORIA È RACCONTATA IN UNA PRESTIGIOSA MOSTRA ALLA BASILICA PALLADIANA.

Lauretta Colonnelli

Sulla riva occidentale del Nilo, di fronte all’attuale città di Luxor (l’antica Tebe) e annidato in fondo a un “wadi” desertico e isolato, sorgeva un tempo il villaggio di Deir el-Medina.

Lo vollero, millecinquecento anni prima di Cristo, i faraoni per ospitare gli artigiani incaricati di costruire, per buona parte del Nuovo regno (1539-1076 a.C. circa), i grandi templi funerari e le tombe della Valle dei re e della Valle delle regine. In uno dei templi è stato ritrovato un papiro lungo più di quaranta metri, che contiene una raccolta di canti d’amore, e tra questi il Canto dell’arpista: «Periscono le generazioni e passano, altre stanno al loro posto, dal tempo degli antenati: i re che esistettero un tempo riposano nelle loro piramidi, son seppelliti nelle loro tombe i nobili, e i glorificati egualmente.

Quelli che han costruito edifici, di cui le sedi più non esistono, cosa è avvenuto di loro?». Oggi, dopo tanti secoli di oblio, sappiamo che cosa è avvenuto. Si può scoprire la storia straordinaria degli artigiani, e il racconto dettagliato della loro vita quotidiana, delle loro attività e delle credenze religiose, nella mostra aperta alla Basilica palladiana di Vicenza, che accoglie oltre centosessanta reperti originali provenienti dal Museo egizio di Torino e venti dal Louvre di Parigi. Lungo il percorso si incontra il celebre corredo della regina Nefertari, ritrovato intatto in una delle più belle tombe della Valle delle regine, che torna in Italia dopo anni di tour all’estero, in prestito ad altri musei. Ci sono poi reperti inediti, esposti qui per la prima volta: statue e papiri, bassorilievi e stele scolpite e dipinte, anfore e amuleti, decorazioni parietali e sarcofagi, rarissimi strumenti musicali e “ostraka”, frammenti di vasi o schegge di pietra utilizzati dai giovani egizi per esercitarsi nella scrittura e nel disegno.

Ci sono le palette da scriba, in legno, con l’alloggiamento per i pennelli e le due cavità per gli inchiostri nero e rosso; gli stampi in terracotta per modellare le perline di faience, pasta vitrea di un azzurro meraviglioso; le fuseruole con fusi, strumenti antichissimi che servivano a intrecciare fili di tessuto, e una tela di lino, e perfino una coppa con resti di pesci conservati nel sale.

C’è addirittura un “accendino”, composto di una tavoletta con diverse cavità, e di un bastoncino che veniva ruotato molto velocemente in una delle cavità per provocare le scintille che avrebbero acceso la fiammella.


NELLE “CASE ETERNE”, COSÌ VENIVANO CHIAMATE LE TOMBE, NON POTEVANO MANCARE GLI “USHABTI”, STATUINE, SPESSO ANCH’ESSE IN FORMA DI MUMMIA


Stele dedicata dallo scriba reale Ramose alle divinità Qadesh, Min e Reshep (Nuovo regno, XIX dinastia, regno di Ramesse II, 1279-1213 a.C.), da Deir el-Medina, come tutte le opere riprodotte in questo articolo (dove non divesamente indicato), conservate nel Museo egizio di Torino.