Che Bosch abbia attinto largamente alle simbologie esoteriche è opinione molto diffusa e, per certi aspetti, fondata. Che abbia anche usato un
linguaggio simbolico composito, nel quale ha parte notevole la tradizione popolare e parte ancora più grande la sua fantasia, è indiscutibile.
Tuttavia, senza prendere in considerazione l’aspetto ironizzante (identificato da Combe), appare chiaro che il maestro si rifà all’alchimia
(fermo restando che nelle sue opere non sempre è agevole indicare con sicurezza ciò che è alchemico e ciò che non lo è) e ai tarocchi, per i quali
le corrispondenze si estendono addirittura ai soggetti rappresentati (come rilevava Gillo Dorfles, 1953, e più di recente Virginia Pitt Rembert,
2012).
I tarocchi. Il primo arcano dei tarocchi, il Bagatto, corrisponde al Prestigiatore di Bosch; il settimo, il Carro, al
Carro di fieno; il nono, l’Eremita, ricorre molte volte nella produzione del maestro (con riferimento ai santi Antonio, Giovanni e
Gerolamo); e, sempre con valori non ignoti agli Arcani dei tarocchi, il ventesimo, il Giudizio, corrisponde al Giudizio universale, mentre
l’ultimo, il ventiduesimo arcano, il Matto, ha corrispondenze strettissime con il Figliol prodigo, non per nulla detto anche il
Viandante. Il Matto dei tarocchi può avere un doppio valore (come il bivio del quadro di Rotterdam): o il grado più alto dell’iniziazione o
il vagabondo che si trascina dietro (nella bisaccia che diviene la gerla nella figura di Bosch) il suo carico di vizi e di brutture.
L’iconografia del Matto nei tarocchi è varia. Nei Tarocchi Visconti (intorno al 1460) è lacero, armato di una lunga mazza, con sette penne
di pollo ritte fra i capelli. È inoltre gozzuto come la maschera Gioppino (il che ne indica l’origine lombarda). Nell’iconografia settecentesca di
Court de Gebelin, invece, porta la bisaccia appesa a un mestolino (che nel Figliol prodigo è infilato in un manico della gerla), si
appoggia a un grosso bastone ed è graffiato nelle terga da un gatto, mentre la veste deriva dalle maschere della commedia dell’arte (il figliuol
prodigo, invece, porta una pelle di gatto attaccata alla gerla).
Che i tarocchi fossero molto diffusi in Fiandra lo provano alcuni documenti
amministrativi dei duchi di Borgogna, che registrano, per l’anno 1379, vari cospicui pagamenti per l’acquisto di mazzi di carte. Si noti che in
Francia, dove venivano prodotte, le carte da gioco erano assai costose poiché molti magistrati le proibivano. Del resto, anche san Bernardino da
Siena si scagliava contro i «participes ex Naibis [i tarocchi] seu Carticellis [le carte] de quibus innumerabilia mala egrediuntur »: compreso il
fatto che alcuni si servivano dei tarocchi per inviare dichiarazioni galanti alle donne che li interessavano.