Il che ne farebbe un precursore di quegli artisti moderni (soprattutto scrittori) che si sono serviti di droghe per acuire la propria immaginazione. L’ipotesi, tutt’altro che infondata, è stata avanzata da Robert L. Delevoy (1960) un eccellente studioso di Bosch, la cui opera, ricca di spunti, è assai meno nota di quanto meriterebbe. Sulla base di un’esperienza compiuta da Will-Erich Peuckert dell’Università di Göttingen che ha riprodotto una “pomata delle streghe” traendone la formula da un’opera del XVI secolo, si è potuto constatare che la sostanza è uno stupefacente. Infatti, è stata sperimentata su alcuni volontari, i quali, al risveglio da un sonno di venti ore, hanno riferito tutti le stesse visioni: «viaggi nell’aria», «scene orgiastiche con creature sataniche», «ambienti infernali».
Come dice Delevoy, «supporre che Bosch abbia usato mezzi del genere per raggiungere la zona difesa dalle sentinelle del cuore non diminuisce menomamente il valore della sua opera. Il modo di procedere frusta il genio creatore, non lo pone in causa».
Forse Bosch ebbe qualche esperienza del genere. Allora, se questo fosse vero, fra tutte le possibili interpretazioni della sua arte, una può acquisire vigore e verosimiglianza: quella che vede in lui, che fu in primo luogo pittore, uno sperimentatore di magia, di spiritismo, di scienze occulte: un mago deluso che dalle esperienze vissute trasse soprattutto una visione terrificante del mondo.
Che questa possa essere un’interpretazione abbastanza verosimile (ancorché parziale) di Bosch sembrano confermarlo alcune delle sue opere. Nel Trittico del Diluvio del museo di Rotterdam (purtroppo privo della parte centrale), i superstiti sportelli laterali mostrano sull’esterno dell’anta sinistra, ossia sul retro del Mondo malvagio (con l’umanità distrutta dal Diluvio), due orbicoli che rappresentano rispettivamente Il diavolo in casa e Il diavolo in campagna. Nel primo in alto una donna fugge da una casa infestata dai demoni; nel secondo un contadino è stato sbalzato dal cavallo, che trascina un erpice, e sul cavallo ora è seduto di traverso un demonio che stringe nella destra un gancio, che sembra una croce contorta. Bosch distingue nettamente fra l’infestazione di una casa di abitazione e l’improvviso e il rapido attacco demoniaco nei campi, anche se la critica recente (Fischer 2013) identifica i quattro tondi (anche quelli dell’altra anta), con l’episodio della tentazione e della redenzione di Giobbe.
Conoscenze del genere per le pratiche magiche rispecchiano credenze diffuse anche in Italia. Il fatto non può essere casuale, tanto più perché nell’opera di Bosch ricorrono altre scene di magia.
Chiarissima quella delle Nozze di Cana, oggi considerato copia da un originale perduto del maestro in quanto l’analisi dendrologica non consente una datazione precedente al 1550. L’opera rimane, comunque un punto di riferimento nell’indagine dell’opera del pittore. Infatti, qui, un mago compare sul fondo con una bacchetta magica nella destra e dà origine a tutta una serie di avvenimenti: le vivande che vengono portate in tavola sprizzano raggi e fumo, un servitore sta per cadere a terra colpito dal maleficio, demoni diversi sono presenti e (sembra) in discordia fra loro; dal cortile fanno capolino un personaggio in chiome rosse e la morte. Inusitato è lo strano personaggio di spalle, piccolo, inghirlandato, che porta una fascia bianca ed è coperto da una veste che sembra più un paramento per riti magici che un abito da cerimonia.
Chi è costui? Di sicuro non rientra nell’iconografia usuale delle Nozze di Cana; ma è personaggio di grande rilievo, come prova il
ricchissimo sedile, posto di fronte al Cristo, dal quale si è appena alzato. Egli guarda verso il mobile posto sul fondo e tiene nella destra un
calice aureo il cui coperchio a cupola è sulla tavola. Senza entrare in analisi approfondite, che purtroppo restano sempre ipotetiche anche quando
sono corredate da un apparato interpretativo di eccezionale vastità e acutezza come quello di Fränger, è chiaro che l’intera composizione intende
sottolineare, con l’isolamento del Cristo, l’indifferenza dei presenti di fronte a un miracolo.
Comunque si legga questa strana composizione
dominata dalla bianca tavola in forma di squadra (segno esoterico ricco di significati), l’antitesi fra il Cristo e il nano è il perno attorno al
quale ruota tutta la folla dei personaggi, dei simboli, degli oggetti. Forse il senso dell’opera è nel contrasto fra la preghiera (anche il Cristo
prega) e la volontà satanica di coloro che ricorrono alle proprie forze e scelgono la via “nera” dell’occulto.

