Le fonti

Attorno al 1870 prese forma in Francia un movimento artistico che, pur non facendo capo a un programma teorico ben definito né a una specifica dottrina – a parte un generico interesse per la tecnica e i soggetti realisti –, era tuttavia deciso a opporsi all’istituzione accademica.

Come ogni nuovo evento, per repentino che appaia, affonda le radici nel passato, così anche la nascita dell’impressionismo – questo il nome con cui fu noto il movimento a partire dalla prima mostra che i suoi esponenti organizzarono a Parigi nel 1874 – fu preparata dagli avvenimenti precedenti, nonostante il carattere di “scandalosa” novità che la nuova corrente rivestì agli occhi dei contemporanei.

Una tappa decisiva nel processo storico- artistico che rese possibile l’avvento di un linguaggio tanto rivoluzionario fu l’affermarsi, nella seconda metà del secolo precedente, di un altro movimento deciso a rompere con gli schemi imposti dalla tradizione: il romanticismo. Infatti, alcune delle idee portanti del movimento romantico influenzarono decisamente le scelte degli impressionisti: la negazione del valore intrinseco di un soggetto, che toglieva alla pittura storica o a quella religiosa il primato su quella di genere o su quella profana; l’importanza della pittura di paesaggio il cui diretto referente, la natura, occupava un posto centrale nel pensiero romantico; il favore, se non il mito, che si venne a creare attorno alla figura dell’artista ribelle alle convenzioni sociali; l’interesse per il colore più che per il disegno (testimoniato dai quadri di Delacroix) che si rivelerà decisivo per lo sviluppo della pittura moderna in generale; la scoperta della soggettività, vero gioiello, accanto agli altri preziosi lasciti, dell’eredità romantica.

L’educazione degli impressionisti si svolse in quello stesso ambito di pensiero: il paesaggio ebbe per loro un ruolo fondamentale, con l’unica eccezione di Degas; il colore fu la loro costante preoccupazione; critici, biografi e pubblico, a costo di forzare la realtà, amarono rivestirli dei panni dell’artista ribelle, povero e avversato; il principio della soggettività fu sviluppato fino alle estreme conseguenze, fino ad affermare il primato dell’occhio, l’importanza della visione individuale: gli impressionisti vollero dipingere ciò che vedevano, non ciò che conoscevano, sostituendo un’arte di percezione a un’arte di concetto e rivendicando così all’opera il diritto a essere giudicata per se stessa e non per la sua corrispondenza a principi a essa estranei. Se l’influenza sotterranea della cultura romantica continuò dunque ad agire nella pittura impressionista, i presupposti immediati del nuovo linguaggio vanno però ricercati nelle tendenze sviluppatesi nei decenni che precedettero la nascita del movimento.

Tra il 1830 e il 1860 si affermò in Francia il positivismo che investì i vari campi del sapere e dell’espressione artistica, introducendo in letteratura e nelle arti figurative la nuova estetica del realismo: l’arte si volse al dato reale, al fenomeno osservabile, privilegiando l’ambiente contemporaneo e sfondi familiari. In questo ambito di pensiero operò, a partire dagli anni Trenta, la scuola di Barbizon o della foresta di Fontainebleau.

Attorno al suo animatore, Théodore Rousseau (1812-1867), si raccolsero numerosi artisti tra cui Jules Dupré (1811-1889), Narcisse Diaz de la Peña (1808-1876), Charles François Daubigny (1817-1878), Jean Francois Millet (1814-1875). Scelto il villaggio di Barbizon quale sede (per alcuni stabile, per altri temporanea) del gruppo, la vicina foresta di Fontainebleau divenne il soggetto preferito di questi artisti, pittori essenzialmente di paesaggio, incuranti del vecchio ordinamento gerarchico dei generi che faceva preferire, in pittura, i contenuti storici e filosofici.


Claude Monet, Impressione, sol nascente (Impression, soleil levant) (1872); Parigi, Musée Marmottan Monet.

Henri Fantin-Latour, Studio a Batignolles (1870); Parigi, Musée d’Orsay. Batignolles era un quartiere di Parigi in cui alcuni artisti (che poi avrebbero dato vita al movimento impressionista), critici e collezionisti si ritrovavano presso lo studio di Manet e nel Café Guerbois di boulevard de Clichy. Nel dipinto, intorno a Manet, seduto al centro a dipingere come un caposcuola, si riuniscono alcuni giovani, fra cui Renoir in piedi col cappello, a destra lo scrittore e critico Zola, e in posizione defilata al margine Monet.

John Constable, Stoke-by-Nayland (1810-1811 circa); Londra, Tate Gallery.