I NOVEMILA VOLTI
DI UNA RICERCA

Circa novemila opere tra incisioni, dipinti, disegni, fogli colorati, marionette, teatrini, maschere e bassorilievi costituiscono l’amplissimo e multiforme lavoro creativo di Paul Klee.

Ma oltre alla pittura egli si dedicò anche alla filosofia, alla ricerca naturalista, alla musica e alla poesia, fu un instancabile lettore di classici e collezionò erbari e particolarità botaniche.

Vari viaggi – dai numerosi soggiorni in Italia e in Francia alla scoperta della Tunisia prima e dell’Egitto poi – scandiscono altrettanti momenti della sua ricerca, quasi a sottolineare una continuità tra storia della vita e sviluppo dell’opera. Accanto alla dimensione del viaggio – del resto Klee non ha mai vissuto per lunghi periodi in una stessa città – sono gli incontri, le amicizie, a tracciare un’ipotetica linea di congiunzione tra le diverse fasi della sua vicenda poetica. Dall’incontro con Kubin a Monaco, alle amicizie con Marc, Macke, Kandinskij e Gropius, fino alla visita che gli fecero Braque e Picasso nel 1938 in Svizzera, Klee seppe da ogni occasione trarre motivi di riflessione, arricchimento e affetto; sebbene resti impossibile individuare in qualsiasi periodo della sua produzione influenze dirette o esplicite appartenenze a scuole, tendenze, gruppi allora dominanti.

Leggendo gli interventi critici recenti o i commenti dei contemporanei nessuna univoca interpretazione della sua opera sembra prendere il sopravvento.

Klee ha un’anima romantica e dionisiaca, come alcune sue letture e qualche pagina dei Diari sembrano suggerire o è piuttosto uno spirito classico che aspira all’equilibrio tra natura e storia, individuo e società? In Italia, per esempio, ammira Raffaello ma ne resta, in fondo, distante, mentre si appassiona di Leonardo, della pittura pompeiana, dei mosaici bizantini. Anche nel panorama dell’arte d’avanguardia della prima metà del secolo la sua posizione, e la considerazione che di lui ebbero i contemporanei, non è schematicamente classificabile. Una sua mostra personale alla galleria dada di Zurigo nel 1917 raccoglie uno straordinario successo: «Il lavoro di Klee sembra aprire la strada ai campi elisi che noi vediamo distesi di fronte a noi», scrive Hans Richter, uno tra i maggiori esponenti del cabaret Voltaire. E quando, pochi anni dopo, dall’esperienza dada germoglierà un apporto al surrealismo André Breton includerà anche il nome di Klee nell’elenco dei pittori vicini alla poetica surrealista.

Eppure, già dal 1921, l’artista aveva iniziato la sua attività didattica e teorica al Bauhaus di Weimar dove il credo razionalista e la regola geometrica costituivano la base dell’insegnamento.


Senecio (1922); Basilea, Kunstmuseum Basel.

Angelus novus (1920); Gerusalemme, Israel Museum.