IL RITORNO
A BERNA

L’esilio, come in un paradosso del destino, si identifica per Klee in un ritorno alle origini, un ricongiungimento con i luoghi dell’infanzia.

I primi anni in Svizzera sono, comunque, difficili; la situazione economica è precaria e anche la grande mostra personale organizzata alla Kunsthalle di Berna non ottiene presso i collezionisti il successo sperato. Alla fine del 1935 si manifestano i primi sintomi della rara malattia alla pelle, la sclerodermia, che porterà Klee alla morte nel 1940. Nel 1937, inoltre, diciassette opere dell’artista sono esposte a Monaco alla mostra dell’“arte degenerata” e centodue dipinti di proprietà pubblica vengono confiscati dai nazisti e venduti all’incanto.

Non è difficile determinare la stretta relazione esistente tra l’attività creativa degli ultimi anni, l’evoluzione della malattia e la pressione esercitata dalla situazione politica così come risulta evidente in alcuni dipinti, per esempio Radiato dalla lista del 1933.

La meditazione sulla morte che era apparsa precocemente nei Diari – «La morte rimedia a quanto non giunge a compimento nella vita»(25), «Non sono qui / sono nel profondo lontano, lontano, [...] / Ardo presso i morti»(26) – entra nell’iconografia pittorica. Titoli come Figurazione dell’Ade, Messaggio grave, Anche un tenebroso messaggero del 1938 non lasciano dubbi sul loro significato, ma è tutta una geografia immaginaria, dove il motivo del viaggio come approdo nell’aldilà assume un ruolo centrale, a caratterizzare molte delle ultime opere (per esempio, Triste viaggio in barca del 1940 o Il grigio e la costa del 1938).

Dal 1933 al 1937 si assiste a un sensibile rallentamento della produzione pittorica di Klee coincidente con la completa interruzione dell’elaborazione teorica e con l’aggravarsi della malattia nel 1936. Sorprendente è quindi l’incremento dell’attività creativa a partire dall’estate del 1937. Se il catalogo ragionato della sua opera comprende solo 25 numeri nel 1936, già nel 1937 sono 264, 489 nel 1938 e addirittura 1254, tra disegni e dipinti, nel 1939. Le incertezze, la grave malattia, lo smarrimento esistenziale che avevano colto Klee all’indomani del suo trasferimento in Svizzera vengono in un certo senso ribaltati in un appassionato impegno creativo.

Denominatore comune delle opere degli ultimi anni è l’utilizzazione di grossi tratti lineari, spesso di colori scuri, che alludono a figure riconoscibili, benché mai precisamente delineate, di indubbio valore espressivo. Sono segni di lettura, “pseudografemi” – come sono stati definiti – che, come un alfabeto, possono generare dal loro molteplice combinarsi nuove immagini. Se negli anni Venti furono soprattutto le lettere, i geroglifici, le cifre a costituire un patrimonio lessicale dal quale attingere, ora sono delle figure, animali, piante, astri, ad assolvere la stessa funzione.

tratti lineari, spesso di colori scuri, che alludono a figure riconoscibili, benché mai precisamente delineate, di indubbio valore espressivo. Sono segni di lettura, “pseudografemi” – come sono stati definiti – che, come un alfabeto, possono generare dal loro molteplice combinarsi nuove immagini. Se negli anni Venti furono soprattutto le lettere, i geroglifici, le cifre a costituire un patrimonio lessicale dal quale attingere, ora sono delle figure, animali, piante, astri, ad assolvere la stessa funzione.

Durante gli ultimi anni la sperimentazione materica diviene via via più intensa e la superficie pittorica assume un indubbio valore compositivo. Klee, come un alchimista, combina insieme vari materiali; pastelli, colori alla colla, a volte acquerelli sono associati alla trama larga e scabra dei supporti di juta, alla levigatezza dei cotoni sottili, alle carte da imballaggio, ai grandi cartoni. Un’ampia produzione disegnativa, spesso ridotta all’essenzialità del semplice contorno, accompagna le ultime opere. «Disegnava soprattutto la sera – racconta Lily Klee – e i fogli cadevano per terra uno dopo l’altro»; il disegno, infatti, aveva preso il posto dello scrivere divenendo un modo di continuare il dialogo interiore.

La serie degli Eidola, della Passione, e soprattutto quella molto numerosa degli Angeli sembrano essere una preparazione alla morte. Le figure alate – che ricorrono con frequenza in tutta l’opera di Klee a partire dall’Eroe con l’ala del 1905 – sono, infatti, figure di mediazione con l’aldilà: «Un giorno giacerò nel nulla presso un angelo qualsiasi» ha detto Klee, e il nulla è qui inteso come un grado superiore di realtà dove vita e morte, trascendente e immanente si compenetrano in una grande unità. Eidola, Passioni e Angeli sono stazioni di un percorso interiore, di un viaggio nell’invisibile per arrivare sempre più vicino al «cuore della creazione» attraversando la vita e la morte: «Nell’“aldiqua” non mi si può afferrare. Ho la mia dimora tanto tra i morti quanto tra i non nati. Più vicino del consueto al cuore della creazione, ma ancora non abbastanza vicino»(27).



Il grigio e la costa (1938); Berna, Zentrum Paul Klee. Klee, malato e prossimo alla fine, medita con insistenza sul tema del viaggio, metafora della morte.

Segni in giallo (1937); Reihen (Basilea), Fondation Beyeler.