I SOGGIORNI
A CASTIGLIONCELLO

Dagli inizi degli anni Sessanta si verificano dunque gli eventi maggiori che, in un breve giro di tempo, segneranno il culmine di questa comune ricerca di una nuova lingua pittorica e inizieranno la crisi che porterà alle incomprensioni e agli isolamenti del trentennio successivo.

Fattori, come si è visto, dipinge a Livorno. Poi, dal 1867, si trasferisce periodicamente a Castiglioncello, nella tenuta di Diego Martelli, dove lavorerà con Abbati, Borrani, Sernesi, in quella comunità di ricerca che segna forse l’episodio maggiore di questa storia macchiaiola. Negli stessi anni, nel sobborgo agreste di Piagentina, tra Firenze e Fiesole, lungo l’Affrico, Silvestro Lega si recherà e abiterà presso la famiglia Batelli. Qui, con Signorini, Sernesi, Abbati e Borrani darà origine a quel “gruppo di Piagentina” che oppone alla sperimentazione sul vero luminoso, attuata a Castiglioncello, una visione più mediata dalla misura degli affetti, una luce più “mentale” e, nel passar degli anni sino al 1866, sempre più consona a una ricerca di antica matrice. Tra Livorno e Castiglioncello si verificano dunque questi eventi, complessi per lo svolgersi delle singole vicende umane, per gli specifici sensi di amicizia o di adesione dei pittori tra di loro e di ognuno con Diego Martelli, e anche per una relativa povertà di documenti.

A Livorno Fattori, confortato dall’amicizia di Nino Costa e dalla sua presenza maieutica, approfondirà quel rapporto d’equilibrio tra peso della visione e sentimento di natura che gli aveva fatto dipingere il bellissimo Pasture in Maremma. In questo quadro, il formato orizzontale sensibilmente allungato (adoperato in quegli anni, forse per suggerimento proprio di Nino Costa, anche da Borrani, Abbati e Sernesi) diviene misura ideale per una distribuzione metrica a vastissimo orizzonte e nette partiture modulari. A queste Pasture succederanno, eseguiti con ogni probabilità nel 1865, Acquaiole livornesi, Le macchiaiole e i Costumi livornesi. Sono, queste, tre grandi tele nelle quali un improvviso rafforzamento della gamma cromatica e dell’incidenza e un assorbimento delle luci sulle superfici determinano strutture capaci di sostenere un’“invenzione sul vero”, ormai ben oltre la nobilissima “notazione” costiana. Acquaiole livornesi si taglia in un rapporto luminoso che è ormai lontano dallo schema impulsivo della macchia, pur conservando nella pennellata quella necessità alla sintesi strutturale che qui diviene motivo di aurea stereometria. Qui, il disporsi dei casolari sul filo dell’orizzonte è teso a sostenere il peso e l’altezza delle due figurette femminili di spalle; queste, a loro volta, si pongono in una cadenza perfetta, in cui una notazione di pathos è costituita dal breve scarto verso destra della seconda. La materia pittorica è limpida e sensibile al lume dell’ora mattinale.

In questi stessi mesi si deve collocare l’esecuzione di alcune famosissime opere di minori dimensioni: la Signora all’aperto, la Signora al sole, e quella Rotonda di Palmieri che è uno dei risultati più alti e smaglianti di questa stagione pittorica. Nella Rotonda, sul filo luminosissimo dell’orizzonte si apre lo spazio segnato lungo tutto il primo piano dal lembo della tenda da sole; sotto, il gruppo delle signore si svolge in un ritmo serrato, secondo il voltarsi o il profilarsi di ognuna di esse entro l’ombra di riflesso posata dalla tenda, che avvalora il loro volume a riscontro della forte luce proveniente dal mare. La pennellata costruisce ogni figuretta zona per zona, ponendo con esattezza i piani, e le luci che li definiscono, in un rapporto equilibrato di colori (bianco-nero, nero-rosso). Il risalto della visione ha una durata lunghissima, dovuta all’equilibrio concluso e ritornante delle tre partiture segnate dal controluce dei pali; eppure, il senso dell’ora marina è così esatto da provocare un abbaglio quasi di trasalimento.

Nel frattempo, Diego Martelli aveva ereditato giovanissimo, nel 1861, una grande tenuta tra Castiglioncello, Nibbiata e Castelnuovo della Misericordia, immediatamente a sud di Livorno. Costretto a soggiornare lungamente in quei luoghi per sorvegliare da vicino la pericolante situazione della proprietà, Martelli sin dal principio portò con sé gli amici pittori, che ben presto si abituarono e affezionarono a questo soggiorno maremmano sino a farne una sorta di residenza periodica. Nello stesso 1861, infatti, Diego soggiornò nella tenuta con Signorini, Abbati e Michele Tedesco (un giovane pittore napoletano che, dopo un periodo macchiaiolo, tornò in patria e dipinse in modo diverso) e, molto probabilmente, anche con Cabianca. Signorini in quest’occasione esegue una breve veduta delle case Martelli.

Nei mesi immediatamente successivi, lo spostarsi del gruppo di amici da Firenze a Castiglioncello è frequente, e spesso ha la dimensione e la durata di una gita. Vi si rerecheranno (secondo la testimonianza di una lettera di Borrani a Diego) Signorini, Abbati, Borrani, Buonamici, Tedesco, e poi anche Caligo, Franzoia, Dattoli, Dolce e Pisani, amici del Caffè Michelangiolo; a questi si aggiungerà ben presto Sernesi. Rarissimamente Lega; e solamente nel 1867 Fattori.


Federico Zandomeneghi, Diego Martelli allo scrittoio, (1870 circa); Firenze, palazzo Pitti, Galleria d’arte moderna.

Giuseppe Abbati, Marina a Castiglioncello (1863).

Odoardo Borrani, Casa e marina a Castiglioncello (1865 circa).

Raffaello Sernesi, Marina a Castiglioncello (1864 circa).