IL PITTORE DELLA VITA
MODERNA

Il padre ha dovuto alla fine cedere e rinunciare a fargli intraprendere la carriera giuridica: «Ebbene, segui pure le tue inclinazioni: studia arte!».

Non era stato facile per il giovane Édouard Manet piegare la volontà paterna.

In collegio si rivela studente mediocre e invece di seguire i corsi tende piuttosto a riempire i quaderni d’innumerevoli schizzi. E quando lo vogliono mandare a studiare legge, giacché non gli è consentito coltivare la passione per il disegno, lancia la prima sfida decidendo di presentarsi alla Scuola Navale. È bocciato agli esami, ma riesce comunque a imbarcarsi come allievo pilota. «Per uscire dall’impasse, e con un colpo di testa, dichiarò che sarebbe diventato marinaio. I genitori preferirono lasciarlo partire piuttosto che vederlo entrare in uno studio d’arte», spiega Théodore Duret, e aggiunge: «Suo padre l’accompagnò a Le Havre dove s’imbarcò come mozzo di un mercantile, La Gouadeloupe, facendo vela per Rio de Janeiro». Ritornato dal lungo pericolo atlantico, non demorde: la vocazione è autentica ed egli sarà pittore «a costo di portare i suoi alla disperazione».

Rifiuta di frequentare l’École des Beaux- Arts che sta di fronte alla casa di famiglia, in rue des Petits-Augustins. Vuole entrare nello studio di Thomas Couture, che ha appena stupito il pubblico del Salon coi suoi Romani della decadenza (Romains de la décadence). A diciotto anni, Manet segue gli insegnamenti di questo maestro, preoccupato soprattutto di far imparare agli allievi i rudimenti del mestiere su modelli viventi. Antonin Proust, amico di Manet già dai tempi del collegio Rollin, osserva nei suoi Souvenirs che egli «professava il massimo disprezzo per i pittori che si rinchiudono con modelli, costumi, manichini e accessori e creano quadri morti quando, come diceva, ci sono tante cose vive da dipingere fuori». I rapporti del giovane col suo professore divengono ben presto burrascosi. Un giorno Manet s’indigna per le pose esagerate e rigide imposte ai modelli: «Insomma, non potete essere naturali; vi comportate forse così quando andate a comprare un mazzo di ravanelli dalla vostra fruttivendola?». E più tardi Couture, stufo delle sue insolenze, finisce col gridargli: «Amico mio, se avete la pretesa di essere un caposcuola, andate pure a crearne una altrove».

Eppure è su istigazione di Couture che egli effettua due fruttuosi viaggi di studio, il primo in Olanda, Germania, Austria e Praga, il secondo alla scoperta dell’Italia. Entra finalmente nei musei stranieri che da tempo sogna. E, come fa al Louvre, copia la Lezione di anatomia di Rembrandt all’Aja, la Testa di giovane del Lippi e la Venere d’Urbino di Tiziano agli Uffizi di Firenze. Se imita con entusiasmo Tintoretto, Brouwer, Velázquez e Murillo, si ribella invece apertamente a tutto quanto rappresenta Couture, sistemando il cavalletto davanti alla Barca di Dante di Eugène Delacroix, che riprodurrà piuttosto liberamente per ben due volte. La rottura è ormai quasi consumata.


Musica alle Tuileries (La Musique aux Tuileries) (1862), particolare; Londra, National Gallery.

Ragazzo con ciliegie (1858); Lisbona, Fundação Calouste Gulbenkian.