A firenze
per i pApi medici

Oggetto di altissime aspettative, che si risolse in una cocente delusione, fu l’impresa concepita fin dal giugno 1515 e poi interrotta da Leone X, di costruire in marmo la facciata di San Lorenzo a Firenze, a coprire il prospetto rimasto rustico.

Michelangelo investì energie creative e dedizione personale per aggiudicarsi l’incarico, per il quale il pontefice aveva interpellato anche altri artisti (secondo Vasari Baccio d’Agnolo, Giuliano e Antonio da San Gallo, Andrea e Jacopo Sansovino e Raffaello), e ottenne infine un contratto che gli assegnava, in esclusiva e per intero, il progetto di architettura e di apparato statuario. Attraverso i numerosi disegni e i modelli (uno dei quali, in legno, è in Casa Buonarroti a Firenze) Michelangelo elaborò il progetto fino a raggiungere una versione definitiva, di gradimento dei Medici, che avrebbe addossato all’irregolare facciata esistente una quinta marmorea articolata in due ordini corinzi sovrapposti, scanditi da alte colonne a coppie e separati da un piano ammezzato: il coronamento rettilineo s’innalzava in un timpano centrale. Profonda e praticabile, la nuova facciata doveva ospitare una folla di statue e di rilievi, divenendo così la massima impresa artistica della penisola nelle intenzioni dell’artista, il quale si recò ancor prima del contratto a far cavare i marmi apuani.

Ma nel 1519 il papa stesso annullò l’incarico, con gran dolore di Michelangelo, per indirizzarlo invece verso un altro progetto nella medesima basilica: la cappella, detta Sagrestia nuova, per le tombe dei giovani Medici capitani e duchi morti di recente nonché di Giuliano e Lorenzo di Piero (m. 1478 e 1492), mai degnamente sepolti.

Concepita con un vincolo planimetrico – perché le misure e la forma in pianta dovevano replicare quelle della brunelleschiana Sagrestia vecchia -, l’architettura del sacello ne riprende la suddivisione in aula quadrata e scarsella tra sagrestiole, ma trova in verticale lo spazio per uno sviluppo volumetrico del tutto originale, in cui il registro superiore finestrato si slancia fino alla cupola, dove la lanterna è coronata da un solido geometrico (“duodecedron elevatus”) di rame dorato tra teste leonine. Al suo interno la cupola è scavata in lacunari, su ispirazione del Pantheon. A scandire la complessa struttura della cappella, il grigio della pietra serena si alterna al bianco degl’intonaci e dei marmi.

Apparvero subito insuperabili per ricchezza e per novità i costrutti architettonici (specialmente densi e innovativi negli angoli) e i rilievi ornamentali; ma altrettanta ammirazione fu tributata alle statue delle monumentali tombe medicee inserite nelle pareti marmoree del registro inferiore tra edicole e risalti, scolpite tra il 1524 e il 1532 circa. Sul semplice “cassone” sepolcrale dei Medici del Quattrocento è la Madonna Medici, maestosa figura col Bambino posato a cavalcioni del ginocchio e volto al seno di Lei. La Madonna “lactans” è il cardine del programma iconografico, esaltata nel suo ruolo di “advocata” dell’umanità e della famiglia, alla quale si rivolgono i santi siriani guaritori, ovvero medici, Cosma e Damiano (di Giovannangelo Montorsoli e Raffaello da Montelupo), che intercedono per la salvezza della casata posta sotto la loro onomastica protezione. Ai lati, le tombe di Giuliano duca di Nemours e di Lorenzo duca d’Urbino innalzano le statue dei defunti – il primo attivo e scattante, il secondo pensoso e raccolto – al di sopra di due sarcofagi a volute che recano sui coperchi, a coppie, le statue note come le Parti del Giorno: la Notte e il , l’Aurora e il Crepuscolo, figure imponenti e tormentate, in pose attorte che esaltano la bellezza vigorosa delle donne e l’eroismo inquieto degli uomini.

Nel concetto generale della cappella le Parti del Giorno non solo esprimono il contrasto tra il buio e la luce, ma soprattutto simboleggiano il corso ciclicamente ritornante del Tempo umano: col loro atteggiamento sofferente, si dolgono d’aver troncato prematuramente le vite dei giovani Medici. Ma il tempo finito della vita individuale guadagna durata in Terra gralaurenzie alla Fama, mentre in Cielo raggiunge la dimensione divina dell’Eternità con la salvezza dell’anima, attraverso l’intercessione dei santi e della Madonna. Questo complesso intreccio di messaggi religiosi e dinastici avrebbe dovuto trovare ancor più articolata espressione nelle numerose altre statue, che Michelangelo aveva in animo di scolpire. Rimasero invece allo stato di “non finito” anche quelle poi montate sulle tombe, potenti e uniche immagini di principii naturali in sembianze umane.


Madonna col Bambino (Madonna Medici) (1526-1534 circa); Firenze, Museo delle Cappelle medicee, Sagrestia nuova.

Disegno con Madonna che allatta il Bambino (1522-1524); Firenze, Casa Buonarroti.