tra MontMartre
e Montparnasse

È a Venezia, tra il 1903 e il 1905, che Amedeo Modigliani s’immerge per la prima volta in un’atmosfera culturale ampia e diramata.

La sua prima, importante formazione avviene nella città lagunare, tra il riflusso mai sopito di un lontano Oriente e la sua intrigante e nuova “corruzione” mitteleuropea.
Per la prima volta la dolcezza cadenzata del Trecento senese e la più robusta certezza della tradizione fiorentina subiscono, nell’animo del giovane artista, l’attacco dei virus viennesi e monacensi: “l’oltraggio”, insomma, di uno spiritualismo moderno, sfaccettato, decadente, e nello stesso tempo capace di nuove e insospettate infrazioni.
È in questa deriva carica di fermenti, di sottili liquori erotici, di ineguagliate malattie del vivere, che si formano le prime fondamenta della coscienza moderna ed europea di Modigliani.
Se il crogiolo era di natura varia e sfaccettata, su tutto si distingueva la sigla klimtiana e il simbolismo nordico di Munch, mescolati con la magia misteriosa di un Gauguin. Da Parigi giungevano intanto i primi echi dei paradisi artificiali e maledetti di Baudelaire e Lautréamont, che forse già gli erano passati sotto gli occhi a Livorno, all’interno di quella cultura che la famiglia Modigliani coltivava, tra filosofia, politica e lingue; tra segnali genealogici che si volevano riferibili addirittura a Spinoza e spinte verso un socialismo umanitario che contribuiva a distinguere quell’aristocrazia dal provincialismo borghese e benpensante dell’ambiente.
L’attenzione di Amedeo per la pittura senese, in particolare per Simone Martini, ha spesso condotto a un collegamento diretto e soprattutto esclusivo tra la sua famosa linea rotondeggiante e quell’antica cultura. Ma se collegamento esiste, certo esso non esaurisce una serie di spinte che sono prima di carattere culturale, quindi più specificamente linguistico. Il problema della linea, in Modigliani, rimane ancora legato a un’interpretazione piena e tranquillizzante.
Si è spesso parlato anche della lezione botticelliana.
Queste ipotesi sono tutte verosimili: anzi, sullo sfondo della sua storia creativa possono darsi come certezze. Tuttavia, esse non sono sufficienti a decifrare la natura profonda del suo “rabesco” tanto singolare, e addirittura rischiano di rinviarne la definizione. Il fatto è che si è spesso voluto un Modigliani cultore di una forma remota e incantata, artefice di un bel dipingere chiuso in se stesso, capace di sfuggire le disgregazioni di quel movimentato e peraltro tragico inizio secolo.
In realtà, Modigliani sente che il filamento ondoso di Munch scatena un senso di vuoto cosmico che attraversa l’io; percepisce a fondo l’amaro naufragio e il rivoltoso erotismo di Klimt; e si accorge che il contenuto simbolismo di Lautrec sottolinea la dignità ultima di un’umanità dolorante.
Modigliani non è esente dal naufragio a cavallo tra i due secoli. Non lo risolverà nell’avanguardia del linguaggio, ma nella sua coscienza storica. In ogni caso, quel giovane, che scrive a Ghiglia parole di speranza e di vitalistica intraprendenza, già a Venezia non esita a inquinare quell’energia con la consapevolezza di un malessere profondo che avvolge l’umanità.
Con questo bagaglio Modigliani giunge a Parigi nell’inverno del 1906. Ha appena ventidue anni. Affitta uno studio in rue Caulaincourt, a Montmartre, nelle vicinanze del Bateau-Lavoir. Nella zona già s’incrociano e si frequentano Picasso, Salmón, Jacob, Utrillo e altri personaggi che hanno fatto storia.
Nell’autunno del 1907 conosce Paul Alexandre, un medico, estimatore d’arte e collezionista, che due anni dopo, nel 1909, gli presenterà Constantin Brancusi.


Jean Cocteau (1916); Princeton, Princeton University Art Museum. È un ritratto famoso, in cui Modigliani riesce a rendere, attraverso l’accentuata verticalità e il volto scarnito, una viva immagine del poeta fascinoso, animatore della Parigi di quegli anni.

Amedeo Modigliani con Pablo Picasso e André Salmon in una foto scattata da Jean Cocteau a Montparnasse nel 1916.

L’ebrea (1908). La ragazza ritratta era un’amica di Modigliani e di Paul Alexandre, medico e sostenitore dell’artista. Il dipinto fu esposto con altre cinque opere al Salon des Indépendants di Parigi del 1908.