Dalle lunghe passeggiate riporta tele con tonalità assolutamente nuove, dove verdi teneri, rosa vivi, gialli crudi si fondono in un’atmosfera fluida
e limpida, come per esempio nella Strada panoramica a Monaco.
La tavolozza è ben diversa da quella usata a Étretat, dove egli dipinge senza sosta e come incantato le rocce dalle strane forme, o da quella che
utilizza a Vernon. Per quanto grande sia l’amore per i vibranti paesaggi del Sud, è a Giverny che intende stabilirsi con Alice Hoschedé, che
diventerà la seconda moglie.
Non va quasi più a Parigi, se non per assistere alla “cena impressionista” che si svolge ogni mese al Café Riche. In compenso viaggia spesso. Alla
fine del 1883, parte per Bordighera, sulla riviera italiana, dove esegue una cinquantina di quadri.
Dalla ridente costa ligure scrive a Durand- Ruel, l’11 marzo 1884: ÇFarò forse gridare un po’ i nemici del blu e del rosa, per via di questo
splendore, questa luce fantastica che mi applico a rendere; e quelli che non hanno mai visto questo paese o che l’hanno visto male grideranno, ne
sono sicuro, all’inverosimiglianza, sebbene io sia molto al di sotto del tono: tutto è colore cangiante e fiammeggiante, è ammirevole; e ogni giorno
la campagna è più bella, e io sono incantato dal paese». Nel 1885 riparte per Dieppe per poi trasferirsi ad Étretat, in un soggiorno di riposo e di
meditazione. Vi incontra Guy de Maupassant che mostra tutta la sua ammirazione per Effetto pioggia. Étretat, Belle-Île-en-Mer e L’Aja sono
le principali tappe dei suoi pellegrinaggi alla ricerca di spunti. Nel frattempo Huysmans commentava entusiasta i paesaggi di Monet: « Come è vero
il pulviscolo delle sue onde sbattute da un colpo di sole, come scorrono i suoi fiumi, screziati dai formicolanti colori delle cose che vi si
riflettono, come nelle sue tele il piccolo soffio freddo dell’acqua sale nel fogliame e passa sulle punte dell’erba!» (in L’Art Moderne,
1883)
Il 1888 trova Monet ancora una volta ad Antibes dove esegue un’abbondante messe di quadri, esposti presso Boussod, Valadon & Cie grazie a Théo
van Gogh.
Da lì scrive a Geffroy: «Sgobbo e fatico enormemente, molto preoccupato di ciò che faccio. Qui tutto è così bello, chiaro e luminoso! Si galleggia
nell’aria blu: è sconvolgente». Geffroy descrive con amore le opere che ha riportato a Parigi: «Ecco ora un albero dalla testa rotonda, tutto solo
sulla riva rosata, e laggiù, molto distanti, le montagne dalla cima splendente di neve. Un altro albero, chino, sorge dal suolo come una sinuosa e
vigorosa palla di fuochi d’artificio che si schiude in un fascio di rami e di foglie».
Il 1889 è l’anno della commemorazione della Rivoluzione francese, dell’Esposizione universale e della Tour Eiffel. Monet divide con l’ormai celebre
scultore Auguste Rodin una sala della galleria Georges Petit. Per la prima volta è riunita tutta la produzione dal 1864 in poi: dalla
Punta della Hève con la bassa marea (1864) a Nevicata ad Argenteuil (1875) a Tramonto sulla Senna in inverno (1881);
dalla Tempesta a Mare selvaggio (1886), da Golfo a Mediterraneo sotto il maestrale (1888) per finire col
Villaggio della Rocheblande (1888). Tutti i dipinti svelano le infinite sfaccettature della sua arte ormai consumata che Octave Mirbeau,
autore del Journal d’une femme de chambre, descrive acutamente nella presentazione del catalogo: «Tra il nostro occhio e l’apparenza delle
figure di mari, fiori, campi, s’interpone un’atmosfera reale. Manifestamente l’aria inonda ogni oggetto, lo riempie di mistero, lo avvolge di tutte
le colorazioni, ora sfumate ora sfavillanti, che ha accumulato prima di raggiungerlo. Il dramma è messo a punto scientificamente, l’armonia delle
forze si accorda alle leggi atmosferiche, con l’andamento regolare e preciso dei fenomeni terrestri e celesti».


