LA MATURITÀ

Dal 1615, l’arte di Rubens s’afferma per raggiungere la piena maturità dagli anni 1616-1618. È il periodo in cui il maestro va ad abitare nella casa di Wapper.

La sua idea era di costruire un palazzo all’italiana, pur rispettando la tradizione fiamminga. Nel 1622, Rubens fece pubblicare una raccolta di illustrazioni architettoniche, con piante e rilievi, sotto il titolo di Palazzi moderni di Genova raccolti e disegnati da Pietro Paolo Rubens. Suo scopo, come scrisse nell’introduzione, è di migliorare l’architettura privata, offrendo dei modelli le cui qualità dovevano essere la comodità unita alla bellezza e alla forma migliore: «Mi è parso dunque di fare un’opera meritoria verso il bene pubblico di tutte le Provincie Oltramontane, producendo in luce i dissegni da me raccolti nella mia peregrinatione Italica, d’alcuni palazzi della superba città di Genova».
Destinata a migliorare le condizioni architettoniche dei suoi concittadini, l’opera è in realtà la giustificazione della bella casa eretta lungo il Wapper. C’era una costruzione precedente, che Rubens conservò e utilizzò come abitazione. Ma nel salone situato verso il giardino Rubens costruì un emiciclo. Bellori, che conobbe questa particolarità, la descrive molto bene: «fabbricò nella sua casa di Anversa una stanza rotonda con un solo occhio in cima a similitudine della Rotonda di Roma per la perfezione del lume uguale, e in questo collocò il suo pretioso museo». Nel corpo della costruzione, a destra del cortile, Rubens installò il suo studio. Cosciente delle necessità della sua arte, seppe creare all’interno dell’edificio le dimensioni più appropriate. La facciata esterna è composta da due piani. Le scale permettono di sovrastare lo studio e di rendersi conto dell’effetto ottenuto dai grandi quadri che dovevano essere osservati a distanza. Lo studio stesso era un grande cubo, privo di ornamenti salvo le grandi finestre, che giungevano fino a terra nel lato settentrionale e mantenevano una luce uguale e fredda. Un ingegnoso sistema di pulegge e di elementi scorrevoli permetteva di spostare e di far uscire dallo studio quadri di grandi dimensioni. La funzionalità è la prima qualità dello studio.
Per le sue dimensioni lo studio di Rubens dà anche un’idea del numero di persone che lavoravano con lui. Ci troviamo di fronte al più fecondo creatore del Seicento, pari a un Picasso o a uno Chagall. La superficie dei suoi dipinti lo avvicina ai grandi maestri italiani dell’affresco del Rinascimento e del Barocco, da Raffaello a Michelangelo, da Annibale Carracci a Pietro da Cortona. Rubens ha largamente utilizzato collaboratori, controllandone il lavoro a ogni stadio.
In una lettera spesso citata, datata 28 aprile 1618 e indirizzata all’ambasciatore d’Inghilterra presso gli stati d’Olanda, Sir Dudley Carleton, Rubens propose uno scambio di quadri dipinti da lui per un valore di seimila fiorini contro una collezione di marmi antichi. E la «lista di quadri che si trovano nella mia casa» espone con molta chiarezza ciò che intende. Così «Prometeo legato sul monte Caucaso e di cui un’aquila tormenta il fegato con il becco, dipinto da me, eccetto l’aquila che è di Snijders» (Filadelfia, Philadelphia Museum of Art) evoca il caso dei collaboratori specializzati negli animali, nelle nature morte e nei paesaggi, di cui i più famosi sono Frans Snijders, Jan Brueghel de Velours, Jan Wildens e Lucas van Uden. Non si tratta, esattamente, di allievi, ma di artisti molto conosciuti nel loro campo, spesso legati d’amicizia a Rubens, come Jan Brueghel de Velours. L’idea di un quadro eseguito a due mani non era affatto una novità nel Seicento.
Invece, c’è una certa fierezza nella descrizione di «Daniele tra i leoni. Questi sono stati dipinti interamente da me» (Washington, National Gallery of Art), perché Rubens provava un vero piacere nel dipingere gli animali. Nella Caccia al cinghiale, i cani e i cinghiali sono probabilmente opera di Snijders. Rubens amava presentarsi come un eccellente pittore di animali, cosa che corrispondeva del resto alla verità. Ci teneva particolarmente perché, a proposito delle cacce, Toby Matthey scrisse il 25 febbraio 1617 a sir Dudley Carleton «in questo genere di espressione Snijders è infinitamente inferiore a Rubens ed egli ci disse che avrebbe preso a male chi volesse paragonare in questo campo Snijders a lui». Tuttavia Rubens riconosceva a Snijders un talento immenso nella rappresentazione di tutti gli oggetti inanimati. Qui si inserisce una questione controversa: qualche studioso ha descritto Rubens come un geniale impresario di lavoro, che utilizzò il talento altrui. L’opera di Rubens sarebbe dovuta nella maggior parte a un pittore di cui egli avrebbe sfruttato il talento e con cui si sarebbe comportato da schiavista.


Giudizio universale (1615-1616); Monaco, Alte Pinakothek.

Palazzi moderni di Genova raccolti e disegnati da Pietro Paolo Rubens (Anversa, 1622), vol. I, figura 67.

Caccia al cinghiale (1615-1616); Marsiglia, Musée des Beaux-Arts.