La semplice enunciazione di questi progetti avrebbe scoraggiati più d’uno. Tuttavia Rubens vi si applicò senza
porsi grandi problemi.
La chiesa dei gesuiti di Anversa era con quella di Bruxelles la principale dei Paesi Bassi cattolici. Si trattava di una casa professa, cioè di un
noviziato. Fu costruita tra 1615 e 1621. Possedeva già diversi quadri di Rubens: l’Annunciazione, I miracoli di sant’Ignazio e
I miracoli di san Francesco Saverio (Vienna, Kunsthistoriches Museum). Rubens ricevette la commissione del soffitto il 29 marzo 1620, con
un contratto stabilito con padre Tirinus. Si trattava di trentanove pitture destinate alla chiesa superiore e inferiore, che dovevano essere
eseguite secondo schizzi originali curati da Antoon van Dyck e da altri suoi allievi. Rubens ritoccava dove era necessario. L’incendio della chiesa
scoppiato il 18 luglio 1718 distrusse l’intero ciclo, di cui si è conservata fortunatamente gran parte degli schizzi, così come i disegni eseguiti
nel 1711-1712 da Jacob de Witt, secondo le tele della chiesa. È la prima volta che Rubens si occupa di affrescare un soffitto, apportando
cambiamenti alla prospettiva molto originali, che permettevano di ricostruire a distanza l’esatta prospettiva. Si resta stupefatti di fronte allo
straordinario virtuosismo dei bozzetti di piccolo formato, in chiaroscuro, simili a disegni su legno, e ad altri al contrario molto più colorati.
Come immaginare così liberamente, e con un punto di vista che non è quello dello spettatore, l’effetto dell’insieme? È una impressione di meraviglia
e quasi d’incredulità che suscitano gli schizzi di questo ciclo, esempio di virtuosismo del segno dipinto, ma anche di una profonda conoscenza delle
leggi dell’ottica.
Verso la fine del 1621, Rubens si vede affidare la decorazione della galleria del Lussemburgo, palazzo abitato a Parigi dalla regina madre Maria de’
Medici. All’inizio del gennaio 1622, l’artista parte per Parigi al fine di studiare il programma scelto. Le tele della
Storia di Maria de’ Medici sono molto note: si trovano oggi al Louvre, mentre la maggior parte dei bozzetti è conservata a San Pietroburgo
e a Monaco. Ma la testimonianza di Bellori ci dà un’idea precisa sull’effetto dell’insieme: «Visto che la galleria è situata in tale maniera che da
un lato e dall’altro guarda il giardino, con dieci finestre, per ogni lato, dispose i suoi quadri negli spazi compresi tra le finestre, per un
totale di ventuno tele a olio alte dodici piedi e larghe nove». L’effetto complessivo doveva essere sensazionale, anche perché le grandi tele erano
poste in cornici di legno nero decorato d’arabeschi d’oro.
Quale commissione poteva essere più prestigiosa? Che a Parigi si preferisse scegliere un pittore fiammingo piuttosto che un pittore locale
testimonia lo stato mediocre in cui si trovava la pittura francese prima del ritorno di Simon Vouet, partito dall’Italia nel 1628. Anche il
contratto fu tra i meglio pagati. In una lettera indirizzata ad Aléandre, il 7 marzo 1622, Peiresc riferisce la fine dei negoziati con
l’atteggiamento di un testimone affettuoso, poiché era molto legato a Rubens: «Rubens è ritornato a casa sua essendosi assunto il compito delle
pitture delle due gallerie della regina madre, per il prezzo di ventimila scudi e il permesso di lavorare nel suo studio, producendo il massimo,
senza dover ritornare prima d’aver completato otto o nove grandi quadri».
Tuttavia, in questo ciclo che oggi è mal compreso dal pubblico,
Rubens ha dovuto compiere opera di diplomazia. L’uso dell’epoca non era quello di rappresentare tutti gli avvenimenti in maniera veridica. Il
Matrimonio per procura a Firenze, al quale l’artista aveva assistito, e l’Incoronazione di Maria de’ Medici a Saint-Denis, il 13 maggio 1610
sono trattati, è vero, con un senso realistico degli avvenimenti. Essendo la figura della regina soggetta a contestazioni, egli ha abilmente
nascosto il significato di alcune scene sotto l’allegoria e l’emblematica, che erano linguaggio per iniziati. A Parigi, Rubens subì soprusi da parte
dell’ambiente politico che gravitava intorno a Maria de’ Medici. Ciò spiega perché nel 1625, dopo aver assistito alle nozze di Carlo I d’Inghilterra
e di Henriette di Francia, il suo unico desiderio fosse quello di farsi pagare e partire: «soffoco qui e sarà molto probabile, se non mi pagano con
la stessa puntualità con cui ho servito la regina madre, che io non torni qui facilmente».
I GRANDI
CICLI
I grandi cicli dipinti sono quelli del soffitto della chiesa dei gesuiti di Anversa (1620), la Storia di Maria de’ Medici (1621-1635), alla quale doveva seguire la Storia di Enrico IV, che non fu mai completata, la Stanza dei banchetti del palazzo di Whitehall a Londra (1629-1634), le decorazioni della Pompa Introitus Ferdinandi ad Anversa (1635), così come le scene della Metamorfosi di Ovidio del padiglione di caccia della Torre de la Parada (1636-1638).