L’arte degli arazzi di alto e di basso liccio nacque nel nord della Francia e nelle Fiandre alla fine del
Medioevo. Tutti i manufatti che si svilupparono in seguito in Italia, in Francia e in Spagna, hanno avuto origine dagli artisti fiamminghi. È una
delle industrie d’arte più rinomate e preziose delle Fiandre. È a partire dal 1616 che Rubens entra in contatto diretto con il mondo degli
arazzieri. Il 9 novembre 1616, Francesco Cattaneo, nobile di Genova, stipulò un contratto con gli arazzieri di Bruxelles Jan Raes e Frans Sweerts,
per l’esecuzione di un arazzo rappresentante la Storia di Decio Mure. Rubens si dedicò ai cartoni e giudicò il valore dell’arazzo al
momento della consegna a Francesco Cattaneo. Se i modelli originali sono suoi, secondo Bellori, i cartoni degli arazzi sono di Antoon van Dyck,
allora attivo nello studio di Rubens. Rubens li considerava come un’opera importante. In effetti, in una lettera inviata a sir Dudley Carleton, il
12 maggio 1618, scrisse: «Quanto agli arazzi, potrò essere di grande utilità al vostro amico mercante per la grande esperienza che ho di arazzi di
Bruxelles, a causa dei numerosi incarichi, che mi arrivano dall’Italia e per dei lavori di questa specie. Del resto, ho fatto io stesso, sotto
richiesta di alcuni gentiluomini genovesi, alcuni magnifici cartoni, secondo i quali si tesse ora, poiché, per dire la verità, chi vuole avere cose
eccellenti le deve fare su espressa ordinazione». Durante il suo soggiorno a Parigi, effettuato all’inizio del 1622, Rubens ricevette l’ordinazione
di un progetto di tredici modelli della Storia di Costantino. L’ordinazione sembra provenisse direttamente dal re Luigi XIII. Questi pezzi
furono mandati a Parigi a partire dal novembre 1622. L’amico Peiresc descrisse l’eccellente impressione che egli ebbe dei primi quattro grandi
modelli: «Tutti furono obbligati a confessare che si aveva sotto gli occhi l’opera di un grande uomo e di un genio eletto e che anche eseguita dalla
mano dei nostri allievi, nessun pittore di Francia poteva sperare di arrivare a creare una cosa simile». Il cardinale Francesco Barberini, nipote
del papa Urbano VIII, mandato a Parigi nel 1625 come legato pontificio, ricevette otto arazzi e cercò al suo rientro a Roma di completare la serie
con pezzi tessuti dal maestro arazziere fiammingo Jacob van den Vliete, su modelli di Pietro da Cortona. Conservati fino al 1908 al palazzo
Barberini a Roma, si trovano oggi a Filadelfia, Philadelphia Museum of Art. È interessante notare quanto la presenza a Roma di opere della maturità
di Rubens dovesse fare effetto, in questa città dove egli aveva vissuto una gran parte delle sue prime esperienze. L’arazzo del
Trionfo dell'Eucarestia, di cui il primo esemplare è ancora conservato nel convento madrileno delle Descalzas Reales, fu tessuto a
Bruxelles su un’ordinazione affidata a Rubens dall’infanta Isabella- Chiara-Eugenia. Rubens aveva relazioni continue con l’infanta. Nel 1625, ella
visitò il suo studio ad Anversa: il 10 luglio, al suo ritorno da Breda, essendo andata a vedere la città liberata dal marchese Spinola, rese visita
al pittore. Il ritratto dell’infanta, suora terziaria clarissa, è datato a quel momento. D’altra parte Rubens soggiornò a Bruxelles e nei dintorni
dall’ottobre 1625 al febbraio 1626, fuggendo da una pestilenza che affliggeva Anversa. L’arazzo fu completato nel 1628, ma il progetto è sicuramente
anteriore di due anni. Di quest’opera possediamo i pezzi che illustrano i differenti stadi della creazione di Rubens: bozzetti di piccole dimensioni
appena accennati, modelli più sviluppati e cartoni dipinti del formato dell’arazzo. L’iconografia era semplice:
trionfo dell’Eucarestia attraverso l’Antico e il Nuovo Testamento, esempi dei santi che testimoniano la Fede, l’Amore Divino, la fedeltà
alla Chiesa e all’ortodossia religiosa. È anche uno degli insiemi più trionfalmente barocchi di Rubens. La presenza a Madrid dal primo arazzo
tessuto testimonia ancora una volta la grande diffusione dell’arte di Rubens.Tra il 1630 e il 1632, Rubens fornì gli schizzi e i modelli dell’arazzo
con la Storia di Achille. Oggi si pensa comunemente che l’iconografia di questa serie fosse di facile comprensione per tutte le persone
colte. L’assenza di un’ordinazione ufficiale, così come la presenza degli schizzi preparatori nella collezione del suocero dell’artista, Daniel
Fourment, lascia presumere che proprio lui, mercante di tessuti e di arazzi, fosse all’origine del la Storia di Achille. La letteratura
antica ha lasciato tracce di arazzi di Rubens che, secondo Palomino, il re di Spagna Filippo IV avrebbe ordinato. D’altronde, i quattro cartoni
della National Gallery of Wales di Cardiff rappresentanti Scene dell’Eneide costituiscono oggi uno degli enigmi più controversi dell’opera
di Rubens. Questi pezzi dell’artista sono autografi? Testimonianza di una serie andata persa? La critica attuale si appassiona intorno a
quest’argomento. La recente comparsa in vendita a Londra di un arazzo tessuto secondo il cartone di Romolo che appare a Proculo ha
rianimato l’interesse per questa questione.
I paesaggi di Rubens, anche se poco numerosi, costituiscono una delle parti più pure della sua opera. Conferiscono alla pittura fiamminga un
dinamismo inusuale nella concezione della natura, sostituendo l’immagine un po’ statica del paesaggio nordico tradizionale con un’esuberanza che
cerca di cogliere l’istante fugace. Ha dipinto soprattutto alberi, contadini, carretti, che testimoniano la sua passione per il mondo circostante. I
primi paesaggi appaiono alla fine del secondo decennio del Seicento: Strada di campagna (Cambridge, Fitzwilliam Museum),
Ruscello costeggiato da alberi e da piante acquatiche (Londra, British Museum). Quest’ultimo è un acquarello di una sensibilità
eccezionale. Tra i grandi paesaggi molti sono dipinti su legno. Mentre l’insieme di Rubens è il più delle volte classico, comprendendo, come allora
era d’uso ad Anversa, più elementi di legno longitudinali, i suoi paesaggi sono spesso composti da un mosaico di pezzi di legno, adattati in
funzione di un primo pezzo che è il centro ottico della composizione, lavorando l’artista per ingrandimenti successivi come faceva a volte nei suoi
disegni.
Queste opere sono molto personali: solo il duca di Buckingham sembra averne posseduto durante la vita dell’artista. Il Parco del castello respira la calma della poesia pastorale, un’opera rarefatta che esprime ancora meglio la sensibilità di Rubens. Sono spesso citate le attività esercitate da Rubens come erudito e diplomatico, perché è abbastanza insolito che un pittore, che secondo Fromentin «sotto la figura di un uomo che non fu che un pittore, con i soli attributi del pittore», sia giunto a un tale livello intellettuale e sociale al di fuori del proprio mestiere. Nondimeno, preferiremmo oggi avere di Rubens lettere autobiografiche che ci spieghino i dettagli del suo processo di creazione. Invece Rubens preferiva conversare di soggetti astratti o di questioni archeologiche. Così, nel 1628, chiuse lo studio per intraprendere una lunga missione diplomatica. Il 28 o 29 agosto partì per Madrid. Forse fu spinto dalla necessità di un diversivo per il dolore causato dalla morte di Isabella Brant. Era sicuramente sincero quando scrisse a Pierre Dupuy, il 28 maggio 1627: «la nostra città langue, come un corpo che si consuma a poco a poco. Tutti i giorni vediamo diminuire il numero della popolazione, perché il nostro infelice popolo non dispone di nessun mezzo per pervenire al suo sostentamento con il lavoro e il commercio». A partire dal 1623, Rubens si era interessato, anche se marginalmente, alla politica e alla diplomazia. Durante il soggiorno a Madrid, prolungato dal settembre 1628 all’aprile 1629, assunse il ruolo di negoziatore rivestito della fiducia dell’infanta Isabella, avendo come missione quella di raggiungere un accordo fra la Spagna e l’Inghilterra. Sia le sue qualità di artista e di umanista, che le sue qualità umane vi contribuirono, così come dimostra la pace conclusa tra le due nazioni il 15 dicembre 1629 e il successivo scambio di ambasciatori. Del secondo viaggio compiuto in Spagna da Rubens, va sottolineato prima di tutto il rinnovato interesse per i quadri di Tiziano, che studiò interpretandoli in maniera molto personale. Ma anche il ruolo speciale che aveva di fronte al sovrano Filippo IV e ai membri della famiglia reale: «Lo conosco per averlo un po’ frequentato – scriveva – poiché abito a palazzo, e quotidianamente viene a farmi visita; ho, inoltre, fatto i ritratti dei membri della famiglia reale, alla richiesta della serenissima Infante. Tutti quanti vi si sono prestati di buon grado». Tra i pittori più giovani di lui c’era a Madrid Diego Velázquez. Palomino ci racconta una scena stupefacente: «Con i pittori Rubens aveva pochi rapporti. Intratteneva una grande amicizia solo con Diego Velázquez e considerava favorevolmente le sue opere, a causa del grande talento e della modestia di costui. Fecero insieme un viaggio all’Escorial, per visitare il famoso monastero di San Lorenzo, e insieme trovarono un estremo piacere nel guardare e nell’ammirare i tanti e rari prodigi di questa insigne costruzione, e in particolare le pitture originali dei più grandi artisti, di cui l’esempio servì a Velázquez da nuovo stimolante».



