LE PALE 
D'ALTARE

Naturalmente negli anni 1511-1515 Tiziano non trascura i generi tradizionali. Basterà ormai soltanto elencare, tra i quadri di devozione, la paletta del Prado con la Madonna col Bambino e i santi Antonio da Padova e Rocco, presenza quest’ultima che ci autorizza a collocare accanto agli affreschi della Scuola del Santo questo più convenzionale scongiuro contro la peste.

Il Battesimo di Cristo della Pinacoteca capitolina, importante perché il committente che assiste all’evento, identificabile in base alle note del Michiel con il mercante Giovanni Ram, proprietario anche di opere di Giorgione, è buon testimone di quel passaggio di consegne che ho appena ipotizzato; e ancora il Noli me tangere della National Gallery di Londra, e la Madonna col Bambino, santa Caterina d’Alessandria e il donatore presentato da san Domenico della Fondazione Magnani. Tra i molti ritratti attribuiti, nessuno documentato con dati di identificazione o di contesto, chiamerò a esempio uno per tutti, il Giovane in pelliccia della Frick Collection di New York. 

Ma siamo ormai al momento in cui l’intreccio pazientemente allestito di pubbliche e private relazioni, in coincidenza con la scomparsa di Giovanni Bellini, schiude a Tiziano anche le grandi commissioni di pale d’altare. In Santa Maria Gloriosa dei Frari, dove – lo ha mostrato Rona Goffen in un libro straordinario di indagine contestuale(11) – si incrociano e si sovrappongono senza alcuna difficoltà politica e religione, esigenze celebrative e famigliari del patriziato veneziano ed esigenze teologali e liturgiche dei francescani conventuali, insomma le strutture di potere d’ambedue le parti, Tiziano trova i risultati conclusivi della lunga preparazione al successo. Nella pala dell’Assunta per l’altare maggiore, commissionata nel 1516 e collocata con gran pompa il 19 maggio 1518, come riferiscono i Diari del Sanudo, trascura ogni tradizionale riferimento iconografico alla morte, al compianto, alla tomba, e inventa – sulla scorta e a sostegno, beninteso, della contemporanea teologia francescana – l’ascesa gloriosa di Maria incorrotta e incorruttibile, Immacolata fin dalla sua Concezione, alla luce del Padre e all’incoronazione come Regina del Cielo, tra la gioiosa meraviglia degli angeli e la stravolta agitazione degli apostoli. 

La risonanza fu clamorosa, all’esterno e all’interno, per così dire, della chiesa francescana. All’inizio del 1518 Jacopo Pesaro – proprio lui, quello della battaglia di Santa Maura e della paletta di Anversa – acquisisce insieme ai fratelli l’altare dedicato all’Immacolata Concezione, impegnandosi a dotarlo e ottenendo in cambio l’autorizzazione a destinarlo con la zona circostante a sepolcro di famiglia. La grande pala, commissionata a Tiziano nel 1519 e compiuta soltanto nel 1526, riprende nella parte sinistra la celebrazione ritrattistica di Jacopo Pesaro e l’evocazione delle sue ormai lontane glorie belliche, collocandolo ancora una volta al cospetto di Pietro. Ma al di là di Pietro c’è stavolta Maria, ci sono le due enormi colonne prive di ogni funzione che non sia quella di simboli delle prerogative mariane, c’è Cristo bambino turbato dalla croce delle braccia di Francesco che “riflette” quella vera sorretta dagli angeli sopra la nuvola scura, e ci sono appunto Francesco in evidenza e Antonio un po’ defilato che sostengono con la loro rassicurante presenza, nello straordinario gruppo di famiglia in basso a destra, i personaggi col loro nome, fratelli maggiori di Jacopo. Data la destinazione sepolcrale dell’altare, il gruppo, in cui dopo Francesco e Antonio si dispongono in ordine d’età altri due fratelli di Jacopo, Giovanni e Fantino, costituisce una galleria di ritratti funerari “ante factum”: come ci è confermato dal ritratto del giovane Leonardo, figlio di Antonio, nato nel 1509, erede di tutti gli zii, garante della linea maschile della famiglia, che si volge all’esterno a stabilire il contatto con la vita. 

Altre pale tizianesche degli anni Venti meriterebbero specifica attenzione, e tuttavia, avendone fissato quanto meno la logica costitutiva nell’incrocio di celebrazione teologico-ecclesiastica e celebrazione personale-famigliare, le ricorderò solo in breve: al 1520, la pala con la Madonna in gloria, i santi Francesco e Biagio e il donatore per il mercante raguseo Alvise Gozzi in San Francesco ad Ancona, ora nella Pinacoteca comunale di questa città; al 1522, il Polittico della resurrezione nella chiesa dei Santi Nazaro e Celso di Brescia per il legato pontificio Altobello Averoldo. Naturalmente queste opere andarono ad attivare circuiti culturali di “provincia”; mentre tutt’altro rilievo dovette avere in Venezia, nella prestigiosa sede domenicana dei Santi Giovanni e Paolo, la drammatica Uccisione di san Pietro martire eseguita negli anni 1528-1530 per l’altare della Scuola intitolata a questo santo e perduta in un incendio ottocentesco, che possiamo valutare attraverso la buona copia antica sull’altare d’origine e le molte eccellenti incisioni.


Assunta (1516-1518); Venezia, Santa Maria Gloriosa dei Frari.


(11) R. Goffen, Piety and patronage in Renaissance Venice: Bellini, Titian , and the Franciscans, New Haven- Londra 1986, ed. it. Devozione e committenza. Bellini, Tiziano e i Frari, Venezia 1991.