LE ULTIME
POESIE

Nei soggiorni ad Ausburg prende l’avvio il rapporto con Filippo II, non certo mecenate appassionato ma piuttosto abile e insolvente collezionista, come risulta con assoluta chiarezza dal carteggio con l’artista e con i molti funzionari italiani(24).

Se Tiziano accettò per oltre vent’anni la situazione, fu evidentemente perché questa, pur non gratificandolo sul piano materiale, gli assicurava la più totale libertà di invenzione, di interpretazione, di esecuzione, al di fuori di ogni controllo.

La mitologia classica era di moda nella cultura figurativa veneziana fin dai tempi “giorgioneschi”, e continua a esserlo lungo tutto il secolo, con i raccontini di Bonifacio de’ Pitati e di Andrea Schiavone, con il concettismo di Paris Bordon, con le sensazionali bizzarrie del primo Tintoretto e poi con la mondanità neutralizzante di Paolo Veronese. Eppure non uno dei dipinti mitologici dell’ultimo Tiziano è destinato a Venezia: tanti vanno regolarmente a Filippo, e i capolavori estremi non vanno da nessuna parte perché con ogni probabilità non dipendevano da una commissione, ma da una scelta indipendente del tutto eccezionale nella prassi di quel tempo. In realtà la mitologia tizianesca è assente da Venezia in quanto risponde allo sviluppo coerente di una poetica assolutamente incompatibile, per il suo contenuto negativo, con la cultura dominante del secondo Cinquecento. Quando Tiziano pone sotto accusa lo strapotere degli antichi dei, i nuovi dei e semidei del suo tempo non possono certo invocare ire e furori dell’Inquisizione: rispondono sullo stesso terreno, chiedendo e ottenendo da altri pittori miti armonici e tranquillizzanti, e lasciando cadere la solitaria accusa nel più profondo silenzio.
Adone, troppo appassionato della caccia, abbandona gli amori di Venere (Venere e Adone al Prado, 1554); un altro cacciatore, Atteone, è condotto dal caso a scoprire Diana e le sue ninfe nude alla fonte; Callisto, una di quelle ninfe tenute alla verginità, è sedotta e ingravidata da Giove in un boschetto dove a sua volta l’ha portata la caccia, e nove mesi più tardi, nell’occasione di un altro dei tanti bagni collettivi della compagnia di Diana, è brutalmente costretta a rivelare il suo stato (Diana e Atteone e Diana e Callisto, proprietà condivisa tra Edimburgo e Londra, 1556- 1559); Europa, che giocava sul lido con le ancelle, è rapita per lussuria da Giove mutato in toro (Ratto di Europa di Boston, 1559-1562); Andromeda, innocente figlia di Cassiopea, che vantandosi d’esser più bella delle Nereidi ha scatenato l’ira di Nettuno, è offerta al mostro marino per placare il dio: fortunatamente, è in arrivo il salvatore Perseo (Perseo e Andromeda di Londra, 1563-1565).


Venere e Adone (1554), particolare; Madrid, Museo del Prado.


(24) Vedi la discussione in A. Gentili, op. cit. (nota 7), pp. 249-254. La raccolta completa dei carteggi è in M. Mancini, Tiziano e le corti d’Asburgo nei documenti degli archivi spagnoli, Venezia 1998.