DA ANVERSA
A PARIGI

A metà novembre Vincent aveva già scritto a Theo che era impaziente di spostarsi ad Anversa, che aveva intenzione di andare subito a vedere i quadri del pittore belga Hendrik Leys e «immagino che d’inverno deve essere anche bello, con i dock del porto bianchi di neve».

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Un’altra ragione per Anversa è che Vincent è attirato dal desiderio di vedere una grossa raccolta di opere di Rubens: «Rubens esercita su di me un’impressione molto forte, trovo i suoi disegni grandiosamente belli, intendo qui in particolare il suo modo di disegnare le teste e le mani» (439).

Dai suoi schizzi appare anche che, nei suoi primi tempi ad Anversa, Vincent si sente più allegro: non soltanto la gamma dei suoi colori diventa più luminosa, ma anche i suoi pensieri sono meno cupi. «Anversa ha dei bei colori, e vale la pena di esserci non fosse che per la musica. Una sera, vicino al porto, ho visto un ballo popolare di marinai ecc.; era divertentissimo e si svolgeva anche con molto decoro [...] C’erano delle ragazze bellissime, tra cui una bellissima brutta [...] con un vestito di seta nera [...] ballava splendidamente con uno stile antiquato — tra gli altri con una sorta di contadino ricco, che teneva sotto il braccio un grosso ombrello verde anche mentre volteggiava in un valzer tanto turbinoso da sbalordire» (438). 

Nel gennaio 1886 Vincent si iscrive alla Reale accademia di belle arti, perché sente il bisogno di perfezionare sotto una guida qualificata la sua tecnica per dipingere e disegnare copiando da modelli. Ne risulta un fiasco. Vincent insiste con Theo affinché lo faccia andare presso di lui a Parigi: «Per piacere, dammi il permesso di venire magari prima; per la miseria, dovrei dire magari immediatamente» (432). 

Senza attendere un cenno di consenso da parte di Theo, Vincent van Gogh arriva a Parigi all’inizio di marzo. Da un messaggero Theo riceve questa lettera: «Non volermene se sono arrivato di colpo; ci ho riflettuto molto e credo che in questo modo guadagniamo tempo. Sarò al Louvre dalle dodici in poi, o prima, se preferisci. Rispondimi per favore a che ora ti potrò vedere nella Sala quadrata. Per quanto riguarda i costi, ti ripeto che non cambia nulla. Ho ancora del danaro, ovviamente, e prima di fare qualunque spesa ti vorrei parlare. Ci metteremo certamente d’accordo, vedrai. Vieni dunque più in fretta possibile. Con una stretta di mano» (459). 

Nei due anni che Vincent van Gogh trascorre a Parigi, sottostà a un flusso di nuove esperienze, sia visuali che sociali, che gli riescono alla fine troppo affannose. Per cominciare si stabilisce da Theo, nel suo piccolo appartamento in rue Laval. Non vi è posto per metterci uno studio, così egli vaga spesso per Parigi a far schizzi, tornando nei vari angoli che conosceva da prima. Visita mostre e musei; grazie a Theo la sua vita si mette su binari più ordinati. Con Theo e il suo amico Andries Bonger, Vincent va ogni giorno a mangiare in ristoranti di Montmartre, e i tre giovani uomini qualche volta, alla sera, vanno insieme nei cabaret del loro quartiere, come per esempio Le Chat Noir.


Veduta di Anversa: case sul retro (Anversa, 1885); Amsterdam, Van Gogh Museum.