DA ARLES
A SAINT-RÉMY

Dopo il suo arrivo ad Arles, Vincent affitta una stanza proprio vicino alla stazione. Sebbene, inaspettatamente, ci sia neve e faccia abbastanza freddo, egli si sente tuttavia meglio e più ottimista che a Parigi.

.

Intorno al 22 febbraio, Van Gogh compra tele e colori e dipinge tre studi: una Vecchia arlesiana, un Paesaggio sotto la neve e un Ingresso di macelleria. Egli stesso definisce quest’ultimo uno “studio” («Veduta di un tratto di marciapiede con il negozio di un macellaio»). Il più delle volte Van Gogh definisce un lavoro con la parola “studio” e lo fa quando dipinge direttamente sulla tela, cosa che considerava un esperimento.

Fin dai primi giorni, esplora la città e i suoi dintorni e comincia a dipingere con l’aiuto di quello schema prospettico di cui già aveva fatto uso all’Aja. Appena fa di nuovo bello e a primavera i frutteti sono in fiore, egli li dipinge con un entusiasmo che non vien meno. Nella sua ottica vede le sue tele come una sorta di trittici appesi alle pareti. Non è la prima volta che Van Gogh pensa a una decorazione murale, elaborandola anche in parte. A Nuenen aveva progettato qualcosa di simile per la sala da pranzo dell’orafo e pittore dilettante Antoon Petrus Hermans che abitava a Eindhoven; uno dei dipinti che aveva portato a termine è la tela molto grande e oblunga del settembre 1884, L'aratore e la raccoglitrice di patate. Anche nel 1887, a Parigi, gli era venuta l’idea di fare per la villetta di Theo dei quadri molto grandi e orizzontali per decorarne le pareti. Ad Arles quest’idea di una casa per gli amici, con le pareti tutte dipinte, diviene realtà. «Guardando da ciascuno dei quattro lati puoi vedere come i tre frutteti formino più o meno un tutt’uno. Adesso ho fatto anche un piccolo albero di pere, in verticale, parimenti affiancato da due tele per il largo [...] Capisci che possiamo guardare i nove quadri di quest’anno come il primo passo verso una ben più grande composizione finale a ornamento delle pareti [...] Ecco l’altro pezzo centrale dei dipinti. Fondo violetto, sullo sfondo un muro con alti pioppi e un cielo molto blu. L’alberello di pere ha un tronco violaceo e fiori bianchi, una grossa farfalla gialla su uno dei fiori. A sinistra, nell’angolo, un orticello delimitato da canne gialle, verdi arbusti e un’aiuola di fiori. Una casetta rosa» (477).

Già da tempo c’è, nei pensieri di Vincent, una casa con uno studio dove egli possa lavorare tranquillamente e, nel caso, offrire un tetto agli amici. E trova la “casa gialla” non lontano dalla stazione di Arles, in una piazza che ha di fronte un piccolo parco; vicino scorre il Rodano. Il giorno del compleanno di Theo, il primo maggio, Vincent scrive: «Troverai qui unito un rapido schizzo su carta gialla, un’area erbosa sulla piazza che si trova all’ingresso della città e sullo sfondo una casa, più o meno così. — Bene, oggi ho preso in affitto l’ala destra della casa, che ha quattro stanze, o meglio due più due stanzucce. All’esterno è pitturata di giallo, dentro è imbiancata a calce, ed è in pieno sole; l’ho affittata per quindici franchi al mese [...] E da questo momento posso parlarti della mia idea di invitare Bernard e altri a mandarmi dei quadri per farli vedere qui [...] Finalmente potrò vedere i miei quadri in un interno più luminoso — il pavimento è di pietra rossa, e fuori c’è il giardino della piazza, di cui troverai altri due disegni» (480).


Pero in fiore (Arles, 1888); Amsterdam, Van Gogh Museum.