L'ULTIMA TAPPA
AUVERS-SUR-OISE

Sulla strada verso Auvers Vincent si ferma tre giorni a Parigi, dove fa conoscenza con il nipotino e con la giovane moglie di Theo. Ritrova anche i suoi amici pittori, come pure i suoi stessi quadri: appesi alle pareti dell’appartamento di Theo, riempiono completamente la casa.

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Sono giorni intensi, emozionanti e faticosi non soltanto per Vincent: anche Johanna van Gogh-Bonger li vive con intensità. Nell’introduzione alla raccolta di lettere, scrive: «Come eravamo contenti che fosse finalmente venuto il momento per Theo di andarlo a prendere. Dalla Cité Pigalle [...] alla Gare de Lyon c’è parecchia distanza; tardavano infinitamente ad arrivare e io cominciavo ad aver paura che fosse loro successo qualcosa, sino a che vidi finalmente entrare una carrozza aperta della Cité, due facce allegre e ridenti mi fecero un cenno di saluto, due mani sventolarono — un attimo dopo Vincent era davanti a me. Mi aspettavo di vedere un malato, e di fronte a me stava un uomo robusto dalle spalle quadrate con un colorito sano, un’espressione allegra e un che di risoluto nell’aspetto [...] Poi Theo lo tirò con sé nella camera da letto dove c’era la culla del nostro bambino, che avevamo chiamato con il nome di Vincent; i due fratelli guardavano muti il bambino che dormiva tranquillamente — tutti e due avevano le lacrime agli occhi».

Il villaggio di Auvers-sur-Oise, a nord di Parigi, aveva dato ospitalità a diversi pittori, come Daubigny e Cézanne, e a un gruppo di incisori che lavorava con un medico, il dottor Paul Gachet, anch’egli artista. Questi prende Vincent sotto la sua protezione: «Ho incontrato il dottor Gachet, mi ha dato l’impressione di essere abbastanza eccentrico, ma la sua esperienza di medico lo deve tenere in equilibrio [...] Sto lavorando al suo ritratto, il capo con una berretta bianca, molto biondo, molto chiaro, anche le mani di incarnato roseo, un vestito blu e uno sfondo blu cobalto; è appoggiato a un tavolo rosso, su cui c’è un libro di colore giallo e un ramoscello di digitale con fiori vermigli» (638). Lo stesso giorno scrive alla sorella Wil: «È stata per me una grande gioia rivedere Theo e far conoscenza con Jo e il piccolo [...] Il viaggio e il resto sinora è andato bene ed è un bel diversivo per me tornare nel Nord. In più ho trovato un vero amico nel dottor Gachet e così dovrebbe essere un po’ come un nuovo fratello, tanto ci assomigliamo fisicamente e anche interiormente [...] adesso passerò ogni settimana uno o due giorni da lui per lavorare nel suo giardino. Vi ho già fatto due studi, uno con piante del Sud, aloe, cipressi, crisantemi, l’altro con rose bianche, delle viti con una figura, inoltre un mazzo di ranuncoli» (W22).


La chiesa di Auvers (Auvers, 1890); Parigi, Musée d’Orsay.