FINESTRE SULL’ARTE
La generosità
dello scultore collezionista
Federico D. Giannini
Sfogliando la letteratura artistica milanese dell’Ottocento non è difficile imbattersi in un nome invero piuttosto ricorrente, quello dello scultore Pompeo Marchesi. Artista neoclassico di fama preclara, personalità di rilievo nella Milano asburgica post-restaurazione, talento prolifico, ottenne un successo tale da esser celebrato persino in alcune canzoni di uno dei librettisti più rinomati del suo tempo, Felice Romani, che lo paragonava a Canova, del quale fu allievo. A duecentoquarant’anni dalla nascita di Marchesi (1783), Milano celebra la ricorrenza con una mostra alla GAM - Galleria d’arte moderna (Neoclassico e Romantico. Pompeo Marchesi, scultore collezionista, fino al 18 giugno), curata da Omar Cucciniello, che ripercorre l’intera carriera dello scultore con un copioso nucleo di opere volto a ricostruire la raccolta dell’artista, fondamentale per la nascita dei musei milanesi. Data la portata della rassegna, sono molti i temi di cui si potrebbe parlare. Qui vale però la pena concentrarsi proprio sull’aspetto collezionistico: Marchesi radunò infatti una raccolta cospicua che, alla sua scomparsa (1858), lasciò a Milano, all’epoca ancora priva di collezioni civiche d’arte. Donò alla città non solo le sue opere, i suoi modelli, i disegni, i bozzetti, i libri della sua collezione, ma anche i dipinti e le sculture antiche e moderne tra cui figuravano soprattutto opere di artisti a lui contemporanei, come Hayez, Thorvaldsen, Appiani, Bossi. Né mancava ovviamente il suo maestro, Antonio Canova: il gesso della Ebe canoviana del 1796 conservato alla GAM è la più celebre opera del lascito di Marchesi. La sua donazione rivestì una sorta di ruolo da apripista, perché dal 1861, anno in cui l’avvocato Fogliani, esecutore testamentario di Marchesi, la propose al Comune (accettata dallo stesso l’anno successivo), altri lasciti andarono a rimpinguare una raccolta cittadina prima esposta nel Museo artistico municipale ai giardini pubblici, aperto nel 1878, e poi nel 1903 sistemata in un museo dedicato, la Galleria d’arte contemporanea, ovvero l’attuale GAM, poi spostata nel 1920 nell’odierna e definitiva sede. Nel catalogo del Museo artistico municipale ai giardini pubblici si poteva leggere che il lascito «per la natura della materia, non sarebbe stato […] tanto da costituire il fondo di un museo d’arte se i successivi non fossero venuti». Ma è pacifico che si debba in parte anche alla generosità, all’intelligenza e alla lungimiranza di Pompeo Marchesi la nascita del museo che oggi ospita la mostra a lui dedicata. E Marchesi ebbe l’ulteriore merito di esser stato il primo.