Storie a strisce
Il mondo
nel disegno
Sergio Rossi
Racconta Gianluca Costantini che «il disegno di Patrick Zaki è nato così: il 7 febbraio del 2020 un attivista egiziano anonimo mi ha scritto che Patrick era stato arrestato e mi ha mandato alcune sue foto. In dieci minuti ho fatto il suo ritratto e l’ho messo in rete. Insomma, il disegno è arrivato prima delle foto, che infatti hanno girato molto meno.
Comunque, il giorno dopo, Amnesty International l’ha diffuso, anche all’estero, come in Spagna e negli Stati Uniti, ed è diventato subito virale anche sotto forma di sagome, come quelle usate nella trasmissione Propaganda Live, di aquiloni e quindi di un manifesto largo trenta metri realizzato dal Comune di Bologna. Non so spiegarmi il successo di questo disegno, anche perché in Egitto, secondo gli attivisti locali con cui sono in contatto, il caso di Patrick non è considerato più importante di altri. Inoltre, alcuni altri miei disegni sono molto più popolari di questo di Patrick: per esempio, quelli che ritraggono le repressioni in Iran hanno avuto una visibilità molto maggiore, anche grazie al fatto che ci sono nove milioni di iraniani che vivono fuori dall’Iran e che diffondono in maniera massiccia tutto ciò che pubblico sull’argomento. Forse il successo sta tutto nello sguardo di Patrick che sono riuscito a cogliere: un sorriso accogliente, nonostante il filo spinato che lo circonda». Lo stesso sguardo che Gianluca Costantini ha ritratto nella biografia a fumetti che ha realizzato nel 2022 per Feltrinelli Comics insieme alla giornalista Laura Cappon (Patrick Zaki, una storia egiziana, 128 pagine in bianco e nero), dove ha anche disegnato con precisione certosina non solo la famiglia di Patrick, ma anche la sua casa e le strade della capitale, Il Cairo, in cui vive.
«Confesso che, col passare degli anni, sono sempre più ossessivo nel disegno. L’ho capito bene quando nel 2019 ho disegnato Libia, il reportage a fumetti scritto dalla giornalista Francesca Mannocchi e sceneggiato da Daniele Brolli [144 pagine, Mondadori]. Dato che non potevo andare in quei luoghi, mi sono cercato strade, vie e palazzi su Street View, arrivando anche a realizzare delle mappe cartacee. È anche per questa mia ossessione della precisione che Libia è stato adottato come libro di testo in alcune facoltà di geografia.
Solo che questa ossessione mi ha fatto diventare un disegnatore più lento di quando ho cominciato trent’anni fa».
La carriera di Gianluca, che oggi è anche docente all’Accademia di belle arti di Bologna, comincia infatti nel 1993 quando, appena uscito dall’Accademia di belle arti di Ravenna (sua città natale) pubblica alcune storie sulla rivista “Schizzo” edita dal Centro fumetto Andrea Pazienza di Cremona.
«All’inizio non disegnavo in maniera realistica, anzi, tutto il contrario. Poi nel 2001 ho conosciuto Joe Sacco, l’autore di Palestina, un capolavoro del graphic journalism. È stato alla Biennale degli artisti a Sarajevo dove ero andato grazie al Comune di Bologna. Lì ho conosciuto altri artisti che raccontavano la realtà che vivevano, come Marjane Satrapi che aveva realizzato Persepolis e della quale avrei poi curato le mostre in Italia. Quando sono tornato a Ravenna, con la scrittrice Elettra Stamboulis abbiamo creato Komikazen, il festival del fumetto di realtà [svolto dal 2005 al 2016], e insieme ci siamo dedicati a realizzare graphic novel su personaggi come Gramsci, Pertini, Pasolini, Berlinguer e Julian Assange. Adesso sto lavorando per la casa editrice francese Delcourt a una biografia di Xi Jinping scritta da un giornalista francese, e sto collaborando a un libro dell’artista cinese Ai Weiwei. Negli stessi anni ho iniziato a collaborare con il portale Indymedia, disegnando alcuni avvenimenti politici come la Rivoluzione egiziana del 2011, le proteste di Occupy Gezi di Istanbul del 2013, e quelle di Hong Kong del 2019 e 2020. Adesso i miei disegni viaggiano perlopiù su Twitter, che è il social network più usato per diffondere le notizie, mentre Instagram lo uso invece come galleria di disegni, come anche il mio sito ChannelDraw dove ho raccolto tutta la mia produzione».
Gli chiedo come è stata accolta questa sua svolta realistica all’inizio del millennio, quando il graphic journalism era ancora agli albori. «Mi sono sentito come un alieno fuori posto. Io sono del 1971 e, quando mi sono affacciato al mondo del fumetto, stavano morendo le grandi riviste d’autore e quindi quelli come me, che guardavano ai grandi autori del passato e all’underground, non avevano più un luogo dove pubblicare e neppure cosa raccontare. Conoscere autori come Sacco e Satrapi mi ha fatto scoprire che, fuori dal fumetto tradizionale, quello dei classici generi narrativi, c’era un altro mondo da scoprire e raccontare, il mondo a cui da allora mi sto dedicando come persona e come autore».