Architettura per l'arte
il quartiere
delle arti
Aldo Colonetti
Losanna, con l’ultimo progetto realizzato in ordine di tempo, inaugurato a giugno 2022, ospita un sistema museale di circa venticinquemila metri quadri. Plateforme 10: così è definito il quartiere delle arti della città che rappresenta una tappa fondamentale europea per visitare mostre e, soprattutto, per comprendere come sia possibile, con una buona architettura contemporanea, rinnovare un’area urbana, adiacente a un sistema ferroviario funzionante.
Integrazione nel segno del mantenimento di ciascuna delle identità museali, senza perdere di vista sia i linguaggi espressivi dei progettisti sia la destinazione culturale, in grado di offrire una serie di “prodotti” diversi ma tutti riconducibili al significato più ampio che oggi ha la parola “arte”.
Dietro tutto ciò, c’è un grande progetto scientifico e culturale dove le arti dialogano tra loro, senza confondersi all’interno di un orizzonte mediatico e comunicativo, mostrando che è possibile mantenere la propria specificità disciplinare e, nello stesso tempo, non temere di guardare al di fuori del proprio perimetro. Sia l’architettura realizzata nel 2019 dallo studio italo-spagnolo Barozzi Vega per il Musée Cantonal des Beaux-Arts, dedicato alle arti visive, sia, soprattutto, l’ultimo nato, il nuovo MUDAC - Musée Cantonal de Design et d’Arts Appliqués Contemporains, aperto al pubblico, come accennato sopra, a giugno dello scorso anno, progettato dai fratelli portoghesi Francisco e Manuel Aires Mateus, dimostrano che questo è possibile. L’edificio che ospita il MUDAC, dove troviamo anche il Photo Elysée, si presenta all’interno di un linguaggio “puro e introverso” attraverso il quale la fenditura diagonale esterna, una finestra a nastro che separa e taglia in profondità la parete frontale, si mostra al visitatore come una scultura di Richard Serra che diventa componente strutturale di un’architettura.
Il ruolo della luce è essenziale. Come afferma Manuel Mateus: «Volevamo che i visitatori, al di là di dove si trovassero nell’atrio, avessero sempre una bella visuale, come se fossero all’aperto. Creando così un effetto di circolazione tra interno ed esterno, tra alto e basso, dialogando direttamente con l’altro museo».
Un’architettura aperta e nello stesso tempo uno spazio espositivo dove le sale sono neutre, tali da consentire frequenti cambi di scenografia; come dire che il linguaggio dell’architettura, espressione coerente di una poetica compositiva, non deve diventare essa stessa protagonista ma si deve piuttosto sovrapporre o, meglio, armonizzare con le diverse estetiche e linguaggi espressivi che oggi sono al centro di ogni attività artistica.
I volumi geometrici, a cominciare dalla forma cubica complessiva, alleggerita dalla spaccatura diagonale, parlano di una modernità “rivista”, non solo citata ma praticata. Questi gli aspetti fondamentali del progetto dei Mateus.
Per quanto riguarda invece il Musée Cantonal des Beaux-Arts di Barozzi Vega, l’andamento verticale, affacciato sulla piazza, ha sullo sfondo un segno compositivo molto forte così da creare una fenditura netta che sembra spezzare l’unità geometrica dello spazio urbano.
L’ultimo intervento, infine, del quartiere delle arti, dimostra, soprattutto al nostro paese, che pianificazione urbanistica e singole iniziative progettuali non sono due attività separate che non necessitano di una regia comune. Losanna è prova dell’esatto contrario, diventando protagonista nel sistema europeo museale, pianificando e organizzando, secondo un calendario di attività e di concorsi coordinato, tutte le tappe utili per portare a termine, in poco più di dieci anni (2011-2022), lo sviluppo di un nuovo pezzo di città, Plateforme 10. “Binario 10” perché accanto ai nove binari ferroviari, simbolicamente ce n’è un altro che porta alla città d’arte.
La stazione ferroviaria, a pochi passi dal quartiere delle arti, assume così un ruolo di primaria importanza in un sistema di trasporti che mette al centro, come meta privilegiata, una serie di musei e attività culturali, capaci di trasformare l’intero tessuto urbano. In questo caso, i progettisti sono attori di una medesima regia e non una somma generica di proposte autoriali che privilegiano l’autocompiacimento estetico.





