Grandi mostre. 1 
IPERREALISMO A ROMA

A ONOR DEL VERO

LE SCULTURE IPERREALISTE DAGLI ANNI SESSANTA DEL SECOLO SCORSO A OGGI SONO PROTAGONISTE DI UNA SUGGESTIVA ESPOSIZIONE A PALAZZO BONAPARTE.

ILARIA ROSSI

SStupore e inquietudine sono i due sentimenti che animano il visitatore davanti alla selezione di opere presenti nella mostra Sembra vivo! Sculture iperrealiste dei più grandi artisti contemporanei, dedicata alla scultura iperrealista e ai suoi maggiori rappresentanti, ideata dall’Institut für Kulturaustausch (Tubinga, Germania) e curata da Maximilian Letze in collaborazione con Nicolas Ballario. Oltre quaranta opere, che si distinguono per una straordinaria precisione mimetica e una perizia tecnica elevatissima, che confondono gli animi e la vista, illustrano la via percorsa dagli iperrealisti nella loro ricerca di creare l’illusione perfetta della fisicità umana. Attraverso un percorso (a Roma, palazzo Bonaparte), che si snoda in sei sezioni tematiche, viene presentata una panoramica del movimento dagli anni Sessanta del Novecento ai giorni nostri, seguendone gli sviluppi, le diverse modalità espressive, le tecniche abbracciate nel tempo dagli artisti e le loro sperimentazioni nel rappresentare l’individuo e la società. Una mostra che, come ha avuto modo di sottolineare nel catalogo dell’esposizione Otto Letze dell’Institut für Kulturaustausch, «riunisce sotto il concetto generale di iperrealismo opere che ricorrono a elaborati metodi progettuali per trasmettere l’illusione di una realtà vera o possibile » e che propone al visitatore una riflessione proprio sulla realtà e sulla sua percezione. Fra i ventinove protagonisti presenti in mostra, Duane Hanson e John De Andrea – due dei pionieri di questa corrente, che con le loro composizioni pongono l’osservatore di fronte agli interrogativi sulla condizione umana –, ma anche la scultrice americana Carole A. Feuerman, una delle prime artiste a dedicarsi alla rappresentazione iperrealista del corpo umano negli anni Settanta del Novecento.
Non mancano anche esempi del duo formato da Magdalena Kunz e Daniel Glaser, dove i volti di persone esistenti sono proiettati su teste o corpi modellati e accompagnati da suoni creando un gioco di illusioni che mette alla prova il senso comune della percezione. Mentre nella sezione “Cambio di prospettiva: il corpo in scala” sono esposte opere di artisti che si sono cimentati con le dimensioni delle forme, come l’australiano Ron Mueck che, ampliando o riducendo radicalmente le misure delle sue figure, porta l’attenzione su temi esistenziali come la nascita o la morte. O ancora come Zharko Basheski del quale è esposto il monumentale e sconcertante Ordinary Man del 2009-2010. In mostra anche una selezione di lavori di Maurizio Cattelan, fra cui Comedian (2019) e Ghosts (2021), e della coppia Elmgreen & Dragset (Michael Elmgreen e Ingar Dragset), che, partendo dall’osservazione della quotidianità, trasformano le loro opere in una critica, caratterizzata da uno spiazzante senso dell’umorismo, alla struttura sociale e politica contemporanea.