OUTSIDERS

L'UOMO
IN BOMBETTA

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla scoperta di grandi artisti, opere e storie spesso dimenticate: Anton Räderscheidt

Alfredo Accatino

Vent’anni prima di Magritte, un signore in bombetta si aggira per Colonia, si ritrae in decine di tele, si fotografa, si fa fotografare. Non vola come l’icona dell’amico belga, non nasconde il volto, ma osserva e forse giudica. Si chiama Anton Räderscheidt e in un’opera del 1926, pietra miliare della Nuova oggettività, si confronta con il mistero-donna, e lo fa su un campo da tennis. Ambientazione che, ai nostri occhi, potrebbe apparire inspiegabile, ma che non lo era al tempo.

 
Il tennis era infatti diventato la moda del momento, con settecento club aperti in Germania nel 1926 destinati a raddoppiare nel triennio successivo. Un fanatismo che attirò persino l’attenzione di Sigmund Freud con studi sorprendenti che un giorno mi piacerebbe condividere con voi. Il fondatore della psicoanalisi scrisse infatti in una lettera: «Nessuno sa che sono sempre più deluso dal sesso, e che quando scrivo della sessualità umana si tratta in realtà di una falsa pista destinata a distrarre l’attenzione dalla mia teoria dell’Istinto Tennistico […]. La grande libido del tennis finirà col togliere alla pulsione sessuale il potere che esercita sulla psiche umana, per trasferirlo su qualcosa che ha radici ben più profonde: la perenne ricerca di campi coperti disponibili alle prime ore del mattino». Dedicò al tema circa ottanta scritti, che sarebbero rimasti nell’oblio se nella primavera del 1980 Theodor Saretsky, docente di psichiatria e psicoterapia al Postdoctoral Institute dell’Adelphi University di New York e tennista sfegatato, non avesse acquistato un vecchio baule ammuffito a un’asta di cimeli freudiani per ritrovare un manoscritto: Prima raccolta delle opere tennistiche di Sigmund Freud (1938).