STUDI E RISCOPERTE 1
SULLE TRACCE DI GAUGUIN

IL VERDE E IL GIALLO
DI PAUL GAUGUIN

PER GLI AMICI GAUGUIN AVEVA GLI OCCHI “VERDASTRI”, COME VEDIAMO NEI SUOI AUTORITRATTI. UN DOCUMENTO PERÒ LI INDICA MARRONI. POCO IMPORTA: IL VERDE, COME IL GIALLO, SONO COLORI CHE L’ARTISTA (E NON SOLO LUI, IN QUEGLI ANNI), HA AMATO MOLTO, SIN DAI SUOI SOGGIORNI IN BRETAGNA, TERRA AFFASCINANTE E SELVAGGIA QUASI QUANTO LA POLINESIA, DOVE POI MORÌ.

Gloria Fossi

Londra, 30 novembre 2010. Sono passati oltre vent’anni da quando, alla Tate Modern, sostavo di fronte a un piccolo autoritratto di Gauguin, illustrato qui a fianco.

Era esposto, senza troppa enfasi, nella prima sala di una delle più interessanti mostre sul grande artista, ancora oggi amato soprattutto per l’esotismo e la sensualità delle tele polinesiane.

Il titolo della mostra, Gauguin, Maker of Myth, alludeva alla tesi di un artista artefice, sotto diversi punti di vista, del proprio mito; ovvero di un Gauguin che si mostra al mondo, di volta in volta, come “simbolista”, “selvaggio” o “primitivo”: teoria ribadita più volte e ampliata nel 2017, con ulteriori risvolti critici, all’esposizione parigina su Gauguin “alchimista” del Grand Palais, dove però ho poi ricercato invano questo autoritratto(1).

Alla mostra londinese ero fresca di due soggiorni in Polinesia, sulle tracce di Gauguin e di altri artisti(2). Cercarlo, e “ritrovarlo,” nel freddo inverno del nostro emisfero, col rischio di scivolare sulla strada ghiacciata di fronte alla Tate, dopo una fitta nevicata, mi aveva fatto una certa impressione. D’altra parte Gauguin aveva conosciuto non solo il clima tropicale della Martinica e della Polinesia, ma anche la nebbia parigina, la bruma e il vento impetuoso della Bretagna, e perfino la pioggia incessante di un dicembre insopportabilmente umido e ventoso ad Arles in Provenza. A Londra i visitatori si concentravano specialmente nelle sale con le opere realizzate in Martinica nel 1877, nel breve e disastroso viaggio fatto insieme al giovane amico pittore Charles Laval, e poi in quelle con le tele e le sculture realizzate dal 1891: a Tahiti e alle isole Marchesi, dove Gauguin morì l’8 maggio 1903. Solitaria, potei soffermarmi a lungo nelle sale iniziali, fra i dipinti degli esordi e dei soggiorni in Bretagna. Era la prima volta che ammiravo dal vivo questo piccolo autoritratto, che dal 1985 è alla National Gallery of Art di Washington. Lo ricordavo in bianco e nero, riprodotto in un cataloghino del 1946 pubblicato dalla Galleria Wildenstein & Co.(3), con l’errata datazione al 1898. È una delle opere meno commentate nella vastissima letteratura su Gauguin ma colpisce, per molti motivi, fra i tanti autoritratti, alcuni camuffati sotto sembianze insospettabili (un prete con la tonsura, il volto di Cristo sofferente, una testa sanguinolenta di ceramica).


Paul Gauguin, Autoritratto dedicato a Eugène Carrière (Pont-Aven, Manoir de Lézaven, tarda primavera-estate 1888), Washington, National Gallery of Art.