Grandi mostre. 4
FILIPPO BALBI NELLA CERTOSA
DI TRISULTI A COLLEPARDO

AVERE TUTTO
IN TESTA

LA TESTA ANATOMICA DI FILIPPO BALBI È AL CENTRO DI UNA MOSTRA NELL’ABBAZIA DI TRISULTI (FROSINONE). UN’OPERA SORPRENDENTE ACCOMPAGNATA DA ALTRI INTERESSANTI DIPINTI REALIZZATI DALL’ARTISTA NAPOLETANO ANCHE NELLO STESSO MONASTERO LAZIALE.

Marco Bussagli

Nell’ambito di un panorama artistico ricco come quello del XIX secolo, capace di mettere insieme figure come Antonio Canova e William Turner, nonostante gli studi approfonditi, rimangono sempre dei punti d’ombra che quando vengono illuminati dalla critica, non possono che stupire(1). Bisogna riconoscere, infatti, che una figura come quella di Filippo Balbi, «pictor egregius» quale fu definito nel Liber Mortuorum della parrocchia di San Silvestro ad Alatri (Frosinone) allorché veniva registrata la sua scomparsa, risulta nota soltanto agli specialisti, oppure agli appassionati di storia locale; sebbene, in vita, fosse stato un pittore di grande successo, richiesto in tutta Europa, per poi risiedere ad Alatri negli ultimi anni(2).

Nato a Napoli all’inizio del Novecento, Filippo Balbi si formò presso l’Accademia di belle arti (già Real istituto di belle arti) della città partenopea, fin quando, poco più che trentenne, si trasferì a Roma per perfezionare lo studio con i capolavori di Michelangelo, Guido Reni, Carracci e Domenichino. Nel 1846, a quarant’anni precisi, ricevette la sua prima commissione pubblica dai certosini francesi di Grenoble per i quali dipinse san Bruno che si recava a fondare la certosa che altro non è se non la Casa generalizia di quei monaci. Fu questo l’inizio di un fortunato rapporto con tale ordine monastico per il quale realizzò, subito dopo, alcuni cicli decorativi a Roma, nella certosa di Santa Maria degli Angeli. A quegli anni, e a quelli immediatamente successivi, risalgono opere come San Paolo primo eremita, conservato agli Uffizi, cui si aggiunsero un paio di committenze straniere e quella per la decorazione della cappella Gonzaga nel Collegio romano(3).

Titolare di una pittura minuziosa e plastica, in linea con il clima di restaurazione del pontificato di Pio IX, Filippo Balbi, non era però privo di un guizzo creativo e sorprendente, incline all’uso del “trompe- l’oeil” come soluzione accattivante e inaspettata. È il caso del ritratto di fra Pierre Foucois – italianizzato in Fercoldo, vissuto nel XIII secolo – realizzato a grandezza naturale sulla parete del chiostro di Santa Maria degli Angeli e collocato all’interno di una porta dipinta che lo fa sembrare appena arrivato(4). A rendere ancor più realistica la scena, c’è l’anta di una vera porta di legno che si apre e si chiude (quasi un’anticipazione della Porta di Duchamp, se mi si consente un paragone ardito), decorata con altri realistici “trompe-l’oeil”(5). La scena celebra il rapporto fra padre e figlio giacché questo padre certosino, nella sua precedente vita di laico, ebbe dalla moglie (che lo lasciò vedovo), Guy Foucois poi salito al soglio pontificio con il nome di papa Clemente IV. Per questo, Pierre Foucois ne indica l’effigie e tiene in mano un foglietto con un verso del libro dei Proverbi che esalta la relazione genitoriale(6). Dal punto di vista formale, il bel dipinto della certosa di Roma anticipa quanto Filippo Balbi sviluppò in quella di Trisulti (Frosinone) dove, all’apice della carriera, dopo aver ricevuto onorificenze e riconoscimenti, si ritirò per dar seguito al ciclo di affreschi commissionatogli per abbellire la certosa e la farmacia(7).

Non è un caso che qui si trovi un altro certosino uscendo dalla porta inganna tutti i visitatori, i quali entrando nella stanza, lo salutano con un inevitabile «Buongiorno, padre… », senza alcuna esitazione. Balbi realizzò poi, sempre per il complesso monumentale, grandi tele con la storia dell’ordine certosino e con episodi del Vecchio Testamento.

Alcune furono dipinte a Roma nel corso del 1857, come Mosè che disseta il popolo ebraico e San Bruno che fa scaturire l’acqua dalla roccia, mentre altre come il Martirio dei fratelli Maccabei e la Strage dei certosini vennero eseguite fra il 1860 e il 1861, a Trisulti. Adesso una mostra organizzata dall’associazione Gottifredo di Alatri e dal Museo di storia della medicina della Sapienza Università di Roma, curata dallo storico dell’arte Mario Ritarossi, punta i riflettori su quella che si può considerare l’opera più rappresentativa della produzione di Filippo Balbi. Si tratta della Testa anatomica da lui realizzata nel 1854 e che, l’anno successivo, venne ammessa addirittura all’Esposizione universale di Parigi, nel cui catalogo se ne trova una descrizione qui riportata nella traduzione di Ritarossi: «Il Maestro Balbi in una testa anatomica […] ha rappresentato tutti i muscoli, tutti i tendini, tutti i movimenti della carne, attraverso dei corpi umani uniti nelle posizioni più naturali e più audaci » (8). La particolarità dell’opera, infatti, si rivela a uno sguardo più attento, giacché da lontano, la pittura potrebbe sembrare una normale tavola d’anatomia. L’insieme, invece, è costituito da una serie di agili figure umane, a loro volta decorticate, che assumendo posizioni diverse (talora estreme, ma pur sempre naturali, ossia, nell’ambito delle possibili estensioni articolari), occupano gli stessi ingombri dei muscoli mimici e masticatori della testa, come pure di quelli del collo. Il risultato è di grande fascino(9).

Le soluzioni proposte da Balbi sono sempre efficaci, ispirate dal confronto con dei modelli michelangioleschi, come quelli che si trovano tanto nel grande affresco del Giudizio universale, quanto in un rilievo giovanile, come quello dedicato alla lotta fra centauri e lapiti. È il caso – per esempio – del padiglione auricolare, ma pure quello della figura col braccio alzato nell’area del muscolo temporale, entrambi ispirati al Cristo giudice e alla figura centrale della ricordata scultura (Battaglia dei centauri) di Casa Buonarroti (Firenze). Allo stesso modo, il gruppo di figure che occupa lo spazio del muscolo sternocleidomastoideo, nel collo, rimanda a una serie di suggerimenti che vanno dal cosiddetto buon ladrone del Giudizio sistino all’Enea e Anchise di Bernini, opere che non poterono sfuggire all’attenzione del pittore nel corso del suo soggiorno romano. Infatti, non fu solo Michelangelo a ispirare Filippo Balbi, visto che non è difficile ritrovare le pose di alcune delle celebri statue del Donario di Attalo pervenute in copie di marmo come il Galata morente e il Galata suicida che sono stati impiegati per rendere il tratto finale del muscolo trapezio, a livello della spalla. Altre soluzioni, invece, sono completamente originali, come quelle per il muscolo orbicolare dell’occhio e orbicolare della bocca. Quest’ultimo sembra quasi anticipare la pubblicità dello yogurt Müller del 2009, dove c’è una sovrapposizione fra le labbra e il corpo femminile. Veri e propri colpi di genio di un pittore ottocentesco per troppo tempo dimenticato.


FILIPPO BALBI ERA DOTATO DI UN GUIZZO CREATIVO, INCLINE ALL’USO DEL “TROMPE-L’OEIL” COME SOLUZIONE ACCATTIVANTE E INASPETTATA


Testa anatomica (1854), Roma, Sapienza, Università, Museo di storia della medicina.


Ritratto di fra Pierre Foucois (o Fercoldo) (1855), Roma, certosa di Santa Maria degli Angeli, chiostro.