Grandi mostre. 5
ROSALBA CARRIERA A VENEZIA

RITRATTI
IN MINIATURA

PICCOLI RITRATTI SU AVORIO REALIZZATI DALL’ARTISTA VENEZIANA PIÙ NOTA DEL SETTECENTO EUROPEO. ROSALBA CARRIERA ESORDÌ IN PITTURA PROPRIO CON QUESTO GENERE, DIMOSTRANDO DI AVERE UN TALENTO INDISCUSSO. UN NUCLEO DI QUESTE MINUTE OPERE È VISIBILE NELLA ESPOSIZIONE A CA’ REZZONICO, QUI RACCONTATA DAL CURATORE.

Alberto Craievich

Si rimarrà sorpresi ma l’artista veneziano più celebre nell’Europa del Settecento fu una donna: Rosalba Carriera (1673-1757)(1). Sulla sua eccellenza nei ritratti nessuno ebbe dubbi, dai lord inglesi ai principi dell’impero; trovò consensi unanimi tanto fra i sofisticati conoscitori del bel mondo internazionale quanto fra la tradizionale e conservatrice aristocrazia veneziana.

Per quasi mezzo secolo le corti di tutto il continente cercarono di accaparrarsi i suoi servigi; eppure, nonostante le generose proposte, accettò solo tre inviti che portarono ad altrettanti brevi soggiorni: presso il re di Francia, l’imperatore e il duca di Modena.

Preferì per tutta la vita rimanere a Venezia dove lavorò incessantemente in un contesto prettamente femminile. Mentre il padre Andrea, mancato nel 1719, svolgeva il ruolo di cancelliere in cittadine periferiche del dominio di terraferma, Rosalba passò la propria esistenza in una “routine” agiata e laboriosa, nella bella casa-laboratorio di San Vio, sul Canal grande, assieme alla madre Alba Foresti e alla sorella Giovanna, anch’essa pittrice e miniaturista. Personalità schiva e introversa è tuttavia l’artista del Settecento veneziano di cui abbiamo più notizie sulla sua vita grazie ai diari e al carteggio, oggi conservati alla Biblioteca medicea laurenziana di Firenze(2).

Il nome di Rosalba Carriera è indissolubilmente legato al pastello, tecnica che porterà al massimo virtuosismo e che la rese celebre in poco tempo. Il suo esordio come pittrice avviene però in veste di miniaturista, un genere tipicamente femminile: è un’arte che si pratica al riparo delle mura domestiche, sotto lo sguardo vigile dei familiari. In questo campo rivela da subito capacità non comuni. Già nel 1697 è ricordata come la più abile della città. Pochi anni dopo, nel settembre del 1705, proprio grazie a una miniatura, otterrà il suo primo successo ufficiale: l’accoglimento fra i membri dell’Accademia di San Luca a Roma con il plauso del grande Carlo Maratta, principe dell’istituzione e non certo propenso a complimenti di circostanza(3).

Rosalba però non utilizza per i suoi minuti dipinti i supporti consueti come pergamena o rame ma un materiale più esotico: l’avorio. Non ci sono elementi che permettano di assegnarle il merito di aver inventato di sana pianta questa tecnica, ma gli studi sono concordi nell’affermare che Rosalba sia stata la prima a intuire le possibilità offerte da questo materiale per dipingere miniature.

Per le sue opere l’artista avrebbe preso spunto dalla produzione veneziana di tabacchiere realizzate nello stesso materiale che presentavano, sulla parte esterna, decorazioni geometriche a bulino, impreziosite da intarsi realizzati con la tecnica di “piqué point-d’or et d’argent” (piccoli chiodi d’oro o d’argento) e talvolta incrostazioni di tartaruga, corallo rosso e pietre dure. La parte interna, invece, era decorata da pittori di secondo piano con scenette piuttosto ingenue, poi rivestite da una vernice spessa, destinata a proteggere la superficie dal contatto con il tabacco da fiuto.

Rosalba, attraverso una tecnica innovativa che coniugava gouache e acquerello, riesce a portare, per la prima volta, sulla minuscola superficie dei fondini d’avorio, la pennellata sciolta e vibrante della pittura su tela, elevando una pratica artigianale a vera e propria arte. Il successo fu immediato.

A questo superbo risultato la pittrice era pervenuta probabilmente per gradi, attraverso esperimenti nella composizione dei colori. Non devono essere mancati incidenti di percorso da quanto si desume dalle lettere del segretario del duca di Meclemburgo che lamentava come, negli esemplari in possesso del suo signore, i colori si fossero irrimediabilmente alterati a distanza di pochi anni. Proprio per la loro delicatezza, ben presto, queste opere saranno estrapolate dalla loro originaria funzione di coperchi e verranno protette da un vetro o da un cristallo di rocca, montate in cornici di mogano, tartaruga o metallo. Oggetti preziosi in sé destinati alla contemplazione privata.

I cosiddetti «fondelli», termine con cui Rosalba e i suoi corrispondenti chiamano queste miniature (desunto dal loro originario impiego come fondo del coperchio), occupano oggi una parte esigua del catalogo che le viene riconosciuto, in un rapporto approssimativo di un quinto rispetto ai pastelli.

Per gli anni documentati dai diari (1723-1728), sappiamo che la pittrice realizzò centonovantotto opere in totale, di cui solo venti “fondelli”. Con approssimazione, stando alle cifre indicate nei diari, si può stabilire che il prezzo di una miniatura fosse di cinquanta zecchini, fra i venti e i trenta per un pastello, a seconda che fossero incluse le mani o altri elementi più elaborati come i fiori.


ROSALBA, ATTRAVERSO UNA TECNICA INNOVATIVA CHE CONIUGAVA GOUACHE E ACQUERELLO, RIESCE A PORTARE SULLA MINUSCOLA SUPERFICIE DEI FONDINI D’AVORIO LA PENNELLATA SCIOLTA E VIBRANTE DELLA PITTURA SU TELA


In senso orario, dall’alto, Ritratto di gentiluomo in nero (1720 circa); Ritratto di gentiluomo con lunga parrucca (1715 circa); Ritratto di gentiluomo in abito chiaro (1715 circa).


Ritratto di gentiluomo in abito grigio col tricorno (1715 circa).


Ritratto di donna come Flora (1720-1725).