A Palermo c’è un palazzo (ma in realtà, ce ne sono parecchi) che chiede aiuto. Siamo alle spalle del prospetto di un angolo tra i più belli in città: i Quattro Canti barocchi, all’incrocio tra le vie Maqueda e Vittorio Emanuele, a un passo dalla Fontana pretoria; come dire, il cuore dell’antica capitale del Regno delle Due Sicilie. Ha nobili trascorsi ma, da decenni, un presente quanto mai problematico: all’interno, restano soltanto dei lacerti di quello che il luogo fu e, ormai da molto tempo, è privo di una vocazione, di una destinazione d’uso. Insomma, abbandonato.
L’edificio sorge nel 1766, su strutture del secolo precedente; lo pensa l’architetto Andrea Giganti (già intervenuto nel palazzo Valguarnera-Gangi del capoluogo siciliano, quello del gran ballo nel salone reso immortale dal Gattopardo di Luchino Visconti), e lo vuole Giuseppe Merendino. Nel 1785 subisce un’importante ristrutturazione, che lo rende un autentico gioiello: lo acquista il marchese Giuseppe Costantino, e vi provvede l’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia. I saloni sono affrescati da Gioacchino Martorana e decorati con stucchi. A Giuseppe Velasco si devono invece la lunga galleria e la Battaglia di Costantino dipinta sul soffitto, che ancora esiste. Erano adornati anche gli altri saloni, di cui invece ormai non si apprezza più nulla: completamente smarrito lo sfarzo dell’antico Rococò.
A partire dalla seconda guerra mondiale, infatti, al palazzo ne capitano di tutti i colori. È confiscato sia dai nazisti, sia dagli alleati e, alla fine del conflitto, del tutto depredato. Danneggiati i decori; in buona parte rimossi e vandalizzati i pavimenti maiolicati; rubati i preziosi arredi in stile Luigi XV e XVI. Sovrapporte, camini e infissi non ci sono più. Molto è transitato nelle mani dell’antiquario fiorentino Guido Bartolozzi, e un pavimento del Settecento è in un albergo parigino. Attorno al 1960 il luogo è dato in locazione alla Rinascente, che ne modifica diversi vani, per adattarlo all’uso di uffici e magazzini.
Finalmente (o almeno così sembra), il complesso, con l’attiguo palazzo Napoli che guarda sui Quattro Canti, è comprato nel 2000 da Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, un nobile innamorato di Palermo e mecenate (la famiglia ha donato l’omonimo museo ospitato nell’aranciera di Villa Borghese al Comune di Roma), che aveva l’intenzione di trasformarlo in un albergo di lusso. Ma così non è stato e lo documentano le impietose immagini di Nadia Pedot: il cortile centrale è una pallida ombra di quello che fu; sulle murature, gli intonaci sono un ricordo; degli affreschi, non resta molto; mancano le porte; dei pavimenti sopravvivono, al massimo, rari lacerti Da allora, il complesso, che è vincolato fin dall’ingresso monumentale, ha riaperto solo per qualche raro evento straordinario; i lavori di restauro sono cominciati, però si sono presto bloccati e palazzo Costantino è tornato sul mercato, con una richiesta iniziale di nove milioni di euro. Attualmente, è in corso una trattativa. Ma dentro, a parte il grande affresco del salone, resta un immenso sfacelo. Ne è plastica testimonianza un’alta gru nel cortile, sopravvissuta al cantiere dismesso forse da quindici anni per un fallimento, e abbandonata (ma periodicamente ispezionata dai vigili del fuoco). Ottomila metri quadrati di spazi in attesa di conoscere il proprio futuro: non sono mai diventati le settantasei camere, di cui ventisei suite, che erano previste, con tutto il contorno dei servizi tipici degli hotel a tante stelle, che è superfluo dettagliare. In una recente edizione del festival Le vie dei tesori (nato nel 2006 per scoprire il patrimonio culturale di Palermo, poi esteso progressivamente a tutta la regione) il luogo, come ha dimostrato il numero dei visitatori, è stato il più amato e apprezzato. Ma giace ancora lì, troppo dimenticato.
E che palazzo Costantino non sia solo, bensì in doviziosa compagnia, non può alleviare il dolore provocato dalla pessima situazione; nella forse unica città della penisola in cui si possono ancora “apprezzare” i danni della guerra di ottant’anni fa, una mappa ha rilevato di recente duecentoquindici monumenti e luoghi in stato di abbandono: chiese, ville, palazzi, perfino campanili, e addirittura un ex hangar per dirigibili. E, se permettete, tutto questo fa davvero male.