Camera con vista 

PAPÀ AFRICA

Luca Antoccia

L’Africa, la cultura africana, ha molti padri e molte madri. Per fare solo alcuni nomi, tra i più noti in Occidente: Wole Soyinka per la letteratura, Miriam Makeba per la musica, Patrice Lumumba per la politica e Léopold Sédar Senghor per la politica e la poesia.

Non c’è dubbio che il padre del cinema africano sia da considerare il senegalese Ousmane Sembène di cui nel 2023 ricorrono i cento anni dalla nascita (è scomparso nel 2007). Emigrato presto in Europa dove svolge ogni genere di lavoro, studente di cinema alla celebre scuola Vgik di Mosca (quella dei mostri sacri sovietici da Ejzenštejn e Pudovkin a Tarkovskij e Michalkov), scrittore e romanziere, comunista e anticolonialista, Ousmane è regista di una quindicina di opere (ha esordito nel cinema a quarant’anni, dopo svariati libri pubblicati) ma soprattutto è l’autore del primo film di finzione africano visto in Occidente, Borom Sarret (1963): la storia sfortunata di un povero carrettiere per le strade di Dakar che tenta di sopravvivere attraversando varie peripezie e incontrando l’ingiustizia e la disparità sociale. Un impianto neorealista che in parte abbandona nel suo primo lungometraggio (sempre di finzione) La noire de… (1966). Girato in Costa Azzurra, narra il triste apologo di una donna di colore, “domestica” di una coppia di francesi che torna in patria. Lei non sopporta il trasferimento dalla sua città, Dakar, e la solitudine che ne consegue e la fine tragica è un atto di accusa per l’indifferenza della borghesia europea (entrambi i film sono meritoriamente visibili su RaiPlay).

L’apice della sua carriera può essere considerato Camp de Thiaroye (1988) con cui arriva nelle sale di mezza Europa e che è la punta di diamante di un decennio (metà anni Ottanta - metà anni Novanta) in cui il cinema africano comincia a essere regolarmente conosciuto in rassegne e nelle prime retrospettive. È la storia semiautobiografica del suo autore che ha combattuto per i francesi nella seconda guerra mondiale, una storia anche qui di soprusi, perché all’armata di senegalesi arruolati viene negato il giusto salario, con la ribellione e il tragico epilogo che ne consegue. Moolaadé (2004) è invece, tra i più recenti, il film più significativo, edito in Italia in dvd da Feltrinelli, basato su una feroce critica alla pratica della escissione femminile e, in generale, al patriarcato e alla superstizione che ancora accompagna alcune zone del continente nero. In questo film colori violenti, macchina spesso fissa compongono un dispositivo quasi teatrale in cui la magnificenza dei colori, delle fantasie, dei tessuti fa da contrasto alla durezza delle leggi misogine.


Un frame da La noire de… (1966), di Ousmane Sembène.