MORETTO INTERPRETE DELLA
SPIRITUALITÀ PRE-TRIDENTINA

La propensione di Moretto a rappresentare in modo concreto l’evento sacro è testimoniata da un dipinto ancora oggi conservato all’altare maggiore del santuario di Paitone (Brescia).

Filippo Piazza

L’occasione originava da un fatto avvenuto nel 1532 che dovette suscitare un certo clamore, allorché si sparse la voce che la Madonna era apparsa a un bambino sordomuto intento a raccogliere more nel bosco: in seguito a tale miracoloso accadimento, infatti, il ragazzo guarì. Per illustrare l’episodio il pittore si attenne ai resoconti di alcuni testimoni, cercando di restituire un’immagine persuasiva proprio a partire dalla cura dei dettagli. Basti osservare, a tal proposito, la verità con cui è descritto il cesto di more sorretto dal giovane, oppure l’abito bianco della Madonna e l’ambientazione boschiva in cui è immersa la scena, tutti elementi che concorrono, appunto, a raggiungere lo scopo. Ciò che più colpisce, però, è l’approccio complessivo alla rappresentazione: per dare evidenza a un fatto soprannaturale e per ciò stesso straordinario, Moretto scelse di adottare un registro anti-celebrativo, servendosi di una gamma di colori modulata prevalentemente su tinte fredde e argentate, dando risalto soprattutto alla resa degli affetti, ricondotti a una naturalezza per certi versi disarmante. Qui non si tratta più soltanto di visualizzare, tramite il supporto dell’arte, l’oggetto della devozione, bensì di coinvolgere il fedele dentro la storia, annullando così la distanza tra la sfera umana e quella divina, proprio come, molto tempo dopo, avrebbe fatto Caravaggio nell’“ex voto popolare” della Madonna dei pellegrini in Sant’Agostino a Roma (1604-1606). Con la medesima predisposizione d’animo ci si deve accostare anche a un altro dipinto d’altare di qualche anno successivo, proveniente dalla chiesa di Santa Maria dei Miracoli a Brescia: nella Pala Rovellio i discepoli del maestro di grammatica Galeazzo Rovellio, committente del dipinto, sono introdotti da san Nicola al cospetto della Vergine. Il piccolo Gesù accarezza, quasi per gioco, il volto della Madre, che lo richiama bonariamente all’ordine, sollecitandolo a prestare attenzione a quanto avviene in basso. Due bambini in prima fila sorreggono i simboli del santo: il più grande, giunto davanti al gradino del trono, si arresta, non sapendo come comportarsi; per questo rivolge lo sguardo verso di noi, chiamandoci ancora una volta in causa.


San Nicola di Bari presenta gli allievi di Galeazzo Rovellio alla Madonna in trono con il Bambino (Pala Rovellio) (1539); Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo.


Ecce homo (1545 circa), particolare; Napoli, Museo e Real bosco di Capodimonte.