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Elie il Bello

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla scoperta di grandi artisti, opere e storie spesso dimenticate: Elie Nadelman

alfredo accatino

Le avanguardie le riconosci subito. Producono immagini disturbanti, creano opere eccessive, provocatorie, contrarie al pensare corrente. Non è che sono cattive, fanno solo il loro lavoro. Elie Nadelman, al contrario, non ha mai fatto tutto questo e sono qui proprio per eleggerlo il più elegante degli avanguardisti (e il più astratto dei formalisti). È stato un maestro tanto innovativo quanto “patinato”, capace di trasformare la realtà in utopia, i corpi in forme lisce e levigate come un ciottolo di fiume, come un osso inuit, piegando la tradizione antica al mondo contemporaneo. Le sue opere, per osmosi, sembrano addirittura somigliargli, come in una foto nella quale compare sottile ed elegante quando era ancora un giovane scultore ebreo e squattrinato dell’Est Europa. È ritratto nel suo studio di Parigi sulla Rive Gauche, alle sue spalle si scorge una scultura di un uomo in bombetta che Jean-Michel Folon cercherà di replicare sessanta anni dopo, con minori risultati.
Elie è un ragazzo solitario e timido, straordinariamente bello, tanto da venire soprannominato dalle amiche “Nadelman le Beau”. Qualcuno ha scritto che all’inizio della sua carriera il suo aspetto faceva più figura della sua arte, e alla fine della sua vita, come vedrete, la nota biografica finirà per travalicare l’eredità del suo lavoro ancora da scoprire nella sua interezza.

Dopo tre lustri vissuti sotto i riflettori, prima in Europa, poi negli Stati Uniti, nel 1946 vive emarginato dal mercato dell’arte, in ristrettezze economiche insieme alla moglie, ad Alderbrook, una grande casa bohémien nel bosco di Riverdale, nel Bronx, perfetta per un “horror movie”. Malato di cuore, assente da molti anni dalla scena artistica, durante le feste di Natale di quel fatidico 1946 si infila nella vasca da bagno e si taglia le vene. È il 28 dicembre, l’artista ha sessantaquattro anni e ha passato la guerra insegnando ceramica ai reduci e ai feriti provenienti dal fronte.