Grandi mostre. 3
BERTHE MORISOT A PARIGI

FIGURE
VESTITE DI LUCE

UNA DELLE POCHE DONNE NEL GRUPPO DEGLI IMPRESSIONISTI IN UN PERIODO, L’OTTOCENTO, CHE AL MONDO FEMMINILE ATTRIBUIVA SCARSA CONSIDERAZIONE. MA BERTHE MORISOT NON SI ARRENDE, E INTRAPRENDE LA SUA CARRIERA UNENDO ALLO SPIRITO DI AVANGUARDIA L’INTERESSE PER L’ARTE DEL SECOLO PRECEDENTE.

VALERIA CALDELLI

«Io non credo ci sia un uomo che tratta una donna da uguale a uguale, e questo è tutto quello che avrei chiesto, perché io so di valerlo».

Fiera, intransigente e determinata, ecco la prima donna impressionista che voleva fermamente essere un pittore e non una donna pittore, consapevole di tutte le conseguenze e i pregiudizi che il XIX secolo le riservava. Primo fra tutti l’essere considerata sempre e comunque come una dilettante, destinata nella vita alle “professioni” di sposa e madre. Non è un caso che nella memoria collettiva Berthe Morisot sia ancora associata prevalentemente ai numerosi ritratti a lei dedicati da Édouard Manet, dove appare bella, affascinante, elegante o malinconica, mentre il mondo della storia dell’arte l’ha a lungo relegata in una sottocategoria. In realtà, la sua figura emerge oggi come una delle interpreti principali dell’avanguardia artistica francese di fine Ottocento, tra i fondatori della Società anonima dei futuri impressionisti, e come assidua partecipante di tutte le esposizioni indipendenti, a cominciare dalla prima, nel 1874, nello studio parigino del fotografo Nadar, in boulevard des Capucines, che tanto fece scandalo.

Berthe aveva allora trentatre anni, si era da poco sposata con Eugène Manet, fratello di Édouard, e aveva energia e audacia da vendere per esporre i suoi quadri – lei unica donna – con un gruppo di pittori ribelli in guerra con l’Accademia, rifiutati dal Salon e derisi dalla critica. Lo stesso Manet, di cui era stata la musa, cercherà di dissuaderla, mentre il suo vecchio maestro, Joseph Benoit Guichard, scriverà inorridito a sua madre: «Bisogna assolutamente che vostra figlia rompa con questa nuova scuola dell’avvenire». E le commina una punizione: andare due volte alla settimana al Louvre e stazionare tre ore davanti al Correggio per domandargli perdono di aver voluto far fare all’olio ciò che è esclusivo dominio dell’acqua.