LETTURE ICONOLOGICHE
I CROCIFISSI DEL PERIODO ROMANICO

SGUARDO MAGNETICO
OCCHI SBARRATI

TRIONFANTE, CON LO SGUARDO RIVOLTO VERSO GLI SPETTATORI, È CRISTO NELLE CROCI DIPINTE DI EPOCA ROMANICA. UNA FIGURA VIVA, DALL’ESPRESSIONE IMPERTURBABILE, CHE PARE NONCURANTE DEL PROPRIO DOLORE. QUALI SONO LE ORIGINI DI QUESTA ICONOGRAFIA, DIAMETRALMENTE OPPOSTA A QUELLA DEL CRISTO SOFFERENTE?

Mauro Zanchi

Occhi spalancati sul mistero di una transizione misterica. Nei crocifissi dipinti nel periodo romanico Gesù è rappresentato come entità spirituale e sovrumana, icona del concetto astratto di divinità. “Christus triumphans” (trionfatore sulla morte) è vivo, in posizione frontale con la testa eretta, uno sguardo magnetico e occhi sbarrati per attirare l’attenzione dei fedeli in preghiera o in contemplazione mistica. L’uomo divino non pare patire il suo martirio. In piedi sulla croce, sembra indifferente alla situazione drammatica che è in atto. Incarna un ossimoro, ovvero ha l’apparenza umana, resa dagli artisti con un’accuratezza concreta, per poter essere riconosciuto dai suoi seguaci, ma in realtà simboleggia l’immagine astratta del sacro in sé. Nelle croci dipinte del periodo romanico sono presenti una mescolanza di elementi e tracce di culture diverse: bizantino-orientali, carolinge, barbarico-transalpine, popolari-locali.


Ma prima di addentrarci in alcune descrizioni di esemplari di questa epoca, andiamo a ritroso nel tempo per ritrovarne i segni nelle origini iconografiche del figlio di Dio infisso alla sua croce. In una delle più antiche rappresentazioni realistiche, risalente al V secolo, realizzate su un bassorilievo della porta lignea della basilica di Santa Sabina all’Aventino (Roma), Cristo è descritto con gli occhi aperti, senza aureola, con le braccia distese ma non inchiodato alla croce, tra i due ladroni. Altri esempi dove compare lo stesso soggetto sono un avorio del V secolo conservato al British Museum, le ampolle della regina Teodolinda del tesoro di Monza (principio del VI secolo) e la miniatura del monaco Rabbula nel Codex Sinaiticus Syriacus (586), conservato nella Biblioteca medicea laurenziana di Firenze.