Nel capitolo 176 del Milione – la famosissima narrazione dettata tra il 1298 e il 1299 nelle carceri genovesi a Rustichello da Pisa – Marco Polo descrive la produzione e raccolta del pepe a Coilun (oggi Kollam), una città portuale dell’India sudoccidentale, visitata probabilmente durante il ritorno a Venezia dopo i lunghi anni passati in Cina. Riferisce dunque Marco Polo che a Coilun «nasce […] pepe in grande abondanza, che tutte le campagne e i boschi ne sono pieni; e tagliansi di maggio e di giugno e di luglio. E gli àl[beri] che fanno il pepe sono dimestichi, e piantansi ed inàcquarsi». Racconta inoltre che la produzione attira mercanti «di Ma(n)gi [la Cina centrale] e d’Arabia e di levante, e recano e portano mercatantia co loro navi».
Il testo di Marco Polo ha avuto grande fortuna e varie traduzioni: Devisement du monde è il titolo della versione francese che apre il Livre des Merveilles, raccolta di testi sull’Oriente databile tra 1410 e 1412, destinata al duca di Borgogna Giovanni senza Paura. Nella miniatura che illustra con meticolosità il brano viene mostrata la popolazione nativa intenta a raccogliere il pepe, con indosso perizomi bianchi (quelli degli uomini) o gialli (quello della donna), mentre il mercante che assaggia la qualità del prodotto è abbigliato secondo la moda occidentale. Al lavoro prendono parte anche persone in età avanzata dai capelli e barbe canute, che staccano il pepe dai bassi alberelli, lo depositano in cesti o in una bigoncia a due manici, riunendolo poi in un grande tino. La miniatura è attribuita al Maestro della Mazarine, che deve l’appellativo a un Libro d’ore destinato a Carlo VI e conservato a Parigi, alla Bibliothèque Mazarine. Appare significativo che il miniatore abbia illustrato i contenitori usati per la raccolta del pepe raffigurando quelli adoperati in Europa durante la vendemmia, cioè utensili che gli erano familiari: un’attenzione al quotidiano e ai dettagli che ben si addice a un artista originario dei Paesi Bassi o della Renania, attivo a Parigi all’inizio del Quattrocento.
Il pepe, utilizzato sin dall’antichità, fu una delle spezie più adoperate nel Medioevo e nel Rinascimento: un prodotto di lusso il cui commercio transitava dall’Arabia (come attesta anche Marco Polo), e dai mercanti veneziani e genovesi. All’epoca, sulle tavole dei più ricchi ogni vivanda era cosparsa di spezie, considerate vere e proprie medicine: zafferano, chiodi di garofano e – soprattutto – pepe erano le più richieste. Dal Seicento le classi più abbienti iniziarono a diminuire l’uso del pepe poiché, dopo i viaggi di esplorazione e l’importazione di quello proveniente dal Cile, era alla portata di fasce più ampie della popolazione, risultando dunque più accessibile e pertanto meno apprezzato come “status symbol”.