GLI IPERREALISMI
“COAST TO COAST”

All’interno del fenomeno molteplice degli iperrealismi, si possono operare distinzioni, e a partire delle aree geografiche è stato distinto l’iperrealismo della West Coast e della East Coast: dunque da una parte la California, con tutto quello che negli anni Sessanta questo voleva dire, e dall’altra parte New York, come attrattore culturale e di mercato.

Le differenze tra gli artisti dell’una e dell’altra parte sono state spesso sottolineate: attratti dai fermenti della “Grande mela”, oppure da una “filosofia di vita” lontana dalle grandi opportunità che New York offriva in quel momento storico rispetto a tutta l’immensa provincia americana. Come scrive Leda Cempellin, a una West Coast «piuttosto claustrofobica, nella quale i modelli sono poco numerosi, ma assai autoritari»(20) si oppone una East Coast «piuttosto incoerente, dove l’idea di raggruppamenti degli artisti sembra un’utopia, data la disponibilità di un maggior numero di modelli artistici e la preferenza accordata ora ad uno, ora all’altro di essi»(21).

Gli artisti della West Coast, dunque, sono più vicini tra loro, si frequentano, si scambiano opinioni, e di fatto sono molto più coerenti sia nello sviluppo del linguaggio tecnico, sia nella scelta dei soggetti da ritrarre. Il suo centro geografico è la California, dove Robert Bechtle e Richard McLean si sono formati e hanno scelto di rimanere, noncuranti del fatto che la provincia non avrebbe dato loro grande vantaggio per la notorietà del loro lavoro. Ma proprio il clima culturale californiano di quegli anni e proprio la dimensione della provincia statunitense hanno offerto loro non solo i soggetti adeguati, ma anche una potenziale coerenza elegiaca della vita quotidiana non frenetica della piccola cittadina.

Robert Bechtle, come abbiamo già visto, privilegia rappresentare auto familiari, famigliole con due figli vicino alla macchina parcheggiata davanti casa, come per esempio nell’olio su tela ’61 Pontiac, dipinto tra il 1968 ed il 1969 e conservato al Whitney Museum of American Art di New York, dove di fatto viene rappresentato il mito del sogno americano: tutto è pulito, semplice e nel contempo disponibile, consumabile, acquistabile, a portata di mano. Richard McLean, invece, ritraendo cavalli, “ranch” e prati, racconta le radici di quel popolo operoso, con argomenti che divengono veri e propri simboli metastorici, come nell’olio su tela Rustler Charger dipinto nel 1971 e conservato nella collezione Ludwig della Neue Galerie der Stadt di Aachen. Rappresenta due giovani che guardano verso l’osservatore, uno a cavallo e l’altra al fianco di un mitico cavallo di razza appaloosa, già protagonista frequente dell’epopea western. I soggetti sembrano banali, ma in realtà sono carichi di evidenti richiami alla storia americana di quel territorio.

In questa stessa linea troviamo Bruce Everett, nato a Los Angeles, che interpreta il mito del West ritraendo paesaggi, con praterie e cieli sconfinati come nei film di John Ford.



Richard Estes, People’s Flowers (1971); Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza.


Richard McLean, Rustler Charger (1971); Vienna, mumok - Museum moderner Kunst Stiftung Ludwig Wien.