Nel 1623 Galileo pubblicava Il Saggiatore, nato da una disputa sull’origine delle comete tra lo scienziato e il gesuita Orazio Grassi. Consegnato come dono augurale al neoeletto papa Urbano VIII, il volume recava una dedica dei Lincei in cui Galileo era indicato «scopritore, non di nuove terre, ma di quegli splendori celesti, che maggior maraviglia sogliono apportare».
Gli «splendori celesti» erano le comete apparse nel 1618, ma anche i nuovi mondi che Galileo aveva cominciato a esplorare tredici anni prima a Padova con il cannocchiale da lui stesso fabbricato, e con il quale aveva visto per la prima volta le montagne della Luna e le macchie solari, le fasi di Venere e i satelliti di Giove e le infinite stelle della Via Lattea. Un nuovo sguardo sull’universo destinato a cambiare radicalmente la concezione cosmologica geocentrica a favore dell’ipotesi copernicana.
E Splendori celesti è il titolo della mostra che Firenze dedica a Galileo per celebrare i quattrocento anni dalla pubblicazione del trattato che ha posto i fondamenti del moderno concetto di scienza, basato sull’osservazione e sulla sperimentazione. Curata da Filippo Camerota in collaborazione con Paolo Galluzzi, l’esposizione si inaugura il 16 dicembre nell’ampia sala dell’ex dormitorio di Santa Maria Novella. Offre un percorso con installazioni immersive sulla lunga esplorazione visuale dello spazio, dalle osservazioni di Galileo fino alle visioni del cosmo catturate dall’occhio dei satelliti e dei grandi telescopi spaziali come Hubble, lanciato nel 1990, o il più recente James Webb.
La visita si chiude con “Il cielo come opera d’arte: la dimensione estetica dell’osservazione astronomica”, sezione curata da Agostino De Rosa e dedicata a quattro gigantesche architetture ideate per osservare il cielo facendone un’esperienza estetica e sensoriale. Costruite in varie località del mondo da artisti contemporanei, comprendono il Roden Crater di James Turrell in Arizona, la Città di Orione di Hannsjörg Voth nel deserto del Marocco, Star Axis di Charles Ross nel deserto del New Mexico e il Teatro Andromeda di Lorenzo Reina sui monti Sicani in Sicilia.

