«Di un Dominikos Greco, che ora vive e realizza opere eccellenti a Toledo, è qui rimasto un quadro raffigurante San Maurizio e i suoi soldati, da lui dipinto per l’altare dedicato a tali santi; non soddisfò Sua Maestà perché soddisfa pochi, anche se si dice che sia un’opera d’arte di grande maestria e che il suo autore abbia un notevole talento e realizzi opere eccellenti».
Con queste parole, frate José de Sigüenza, cronista del monastero dell’Escorial a Madrid, esprime quella che è, probabilmente, la critica più celebre ricevuta dall’artista cretese. Poco dopo, il trattatista Francisco Pacheco scrisse che El Greco dipingeva a suon di «crudeli scarabocchi», cosa che dimostra le perplessità che suscitava tra i suoi contemporanei.
Nato nell’isola di Creta nel 1541, la sua vita fu segnata dalla costante ricerca di formule artistiche che lo portarono a esplorare linguaggi sconosciuti e completamente personali. Nel 1567 partì dalla sua terra natia diretto verso Venezia per diventare un pittore occidentale e lasciarsi alle spalle le caratteristiche tipiche delle icone bizantine.
A Venezia, e poi a Roma, nel raffinato ambiente dei Farnese dove ebbe modo di accedere alla conoscenza della statuaria antica, ha luogo la sua prima trasformazione che lo rende un pittore “alla maniera latina” con l’uso del colore e della macchia come base della sua pittura. Tuttavia, nel complicato ambiente artistico italiano, non riesce a trovare un mecenate e quindi decide di tentare la sorte in Spagna.
Arriva a Toledo nel luglio del 1577, all’età di quarantun anni, con la speranza di diventare il pittore del re, Filippo ii, e di essere nominato pittore della cattedrale della città.
Ma non riesce a realizzare nessuno dei suoi sogni. Il suo carattere difficile e l’originalità artistica delle sue composizioni e iconografie sorpresero tutti, per non parlare dei per non parlare dei suoi prezzi troppo elevati per il mercato castigliano. Nonostante ciò, Toledo gli offrì una cerchia di amicizie e fedeli clienti ed ebbe così importanti commissioni quali La sepoltura del conte di Orgaz, il dipinto della cappella di San José o quello conservato nel santuario di Nostra Signora della Carità a Illescas. Contemporaneamente, alla maniera delle botteghe veneziane, aprì uno studio da cui uscirono le versioni delle sue opere più richieste come quelle dedicate a san Francesco o alla Maddalena penitente. Lontano dalle mode e dalle correnti dell’epoca, a Toledo trovò la calma necessaria per continuare a esplorare un linguaggio sempre più personale, astratto e “stravagante» che si può vedere in opere quali Laocoonte.
Alla sua morte, avvenuta il 7 aprile del 1614, lasciò un ampio inventario che conosciamo grazie a suo figlio Jorge Manuel Theotocópuli.